giovedì 9 marzo 2023

PIETRO

Invocare

O Dio, tre volte santo, che hai scelto gli annunciatori della tua parola tra uomini dalle labbra impure, purifica i nostri cuori con il fuoco della tua parola e perdona i nostri peccati con la dolcezza del tuo amore, così che come discepoli seguiamo Gesù, nostro Maestro e Signore.
Egli è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

In ascolto della Parola (Leggere) (Lc 5,1-11)

1Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, 2vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. 3Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. 4Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: "Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca". 5Simone rispose: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti".
6 Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. 7 Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. 8 Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: "Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore". 9 Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; 10 così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: "Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini". 11 E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

Silenzio meditativo lasciando risuonare nel cuore la Parola di Dio

Per introdurci

Pietro viene rappresentato in tutti i vangeli come l'apostolo che ha un ruolo importante e di guida nel gruppo dei discepoli di Gesù. Nel Vangelo lo incontriamo come un uomo pieno di difetti e debolezze.
Gesù qui lo chiama e gli cambia il nome in "Cefa" che significa "roccia", "saldezza". Infatti, nella Bibbia infatti Dio è spesso definito come roccia che ci sostiene.
Al cambiamento del nome Pietro non corrisponde, dà più l'impressione di una persona non sicura; è generoso, spesso impulsivo, facile ad entusiasmarsi come ad impaurirsi, tradisce il Signore ma subito dopo si pente.
Qui presentiamo, per non dilungarci, una versione della chiamata di Pietro presa dal Vangelo di Luca, che a differenza di Matteo e Marco, Luca introduce la vocazione dei primi discepoli di Gesù (Pietro, Giacomo e Giovanni), solo dopo i miracoli di Cafarnao e aggiunge il racconto della pesca miracolosa che l'evangelista Giovanni presenta dopo la risurrezione (21, 1-11). 
Nel vangelo Pietro s’incontra con la santità divina presente in mezzo agli uomini; e anche lui reagisce con la consapevolezza dolorosa del proprio peccato. Pietro è l'uomo che si rende conto della sua condizione di peccato non di fronte a una manifestazione straordinaria di gloria, ma di fronte a un grande atto di amore.

Riflettere sulla Parola (Meditare)
v. 1: “la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio...”. 
Ci troviamo nei pressi del lago insieme a Gesù. Siamo mescolati con quella folla che circonda Gesù. Ci sta una fame della Parola, una fame che apre nuovi orizzonti; è la risposta all'invito perenne del Padre, che percorre tutta la Scrittura: "Ascolta, Israele!" (Dt 6, 4) e "Se il mio popolo mi ascoltasse!" (Sal 80, 14). È come se la folla dicesse: "Sì, ascolterò che cosa dice Dio, il Signore" (Sal 85, 9). Ma l'ascolto che ci viene indicato e suggerito è completo, non superficiale; è vivo e vivificante, non morto; è ascolto della fede, non dell'incredulità e della durezza di cuore.
“Gesù, stando presso il lago”. 
Gesù sta presso il lago e inizialmente è in piedi cioè nella tipica posizione che assumerà dopo la sua Risurrezione: egli è il Signore in mezzo ai suoi. Matteo e Marco dicono invece: “lungo il mare”. Sembra che lo sguardo sia oltre il mare: ci si prepara per un grande Esodo. Bisogna attraversare il lago. Il punto di arrivo di tale Esodo sarà Gerusalemme, la Croce e la Risurrezione. Si faccia attenzione che Luca a differenza di Matteo e Marco non nomina mai Andrea, perché tutto il racconto si impernia sulla figura di Simone-Pietro capo della futura Chiesa.
vv. 3-4: “Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò”. 
In quest'ascolto della parola il Maestro chiede un favore: mettergli a disposizione la barca della propria vita, della propria esistenza, perché dalla barca lui possa ammaestrare le folle. Gesù scende, si siede, prende dimora in mezzo a noi, si abbassa fino a toccare la nostra terra e da questa piccolezza ci offre il suo insegnamento, la sua Parola di salvezza. Anche Matteo fissa la stessa azione di Gesù all'inizio del suo ministero: "...salì sulla montagna e messosi a sedere" (Mt 5, 1); lo stesso fa Marco: "...là restò seduto" (Mc 4, 3) e anche Gv 6, 3: “Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli”.
In questo suo ammaestrare, Gesù chiede qualche cosa di più, nel senso che chiede un comportamento sulla fiducia basandosi solo sulla sua Parola. 
Nel primo caso Gesù chiedeva semplicemente un servizio, e un servizio per amicizia, per affetto, e per buon cuore lo si può fare. Ma “Prendi il largo e calate le reti per la pesca” vuol dire: accettare di compiere un gesto che umanamente appare, secondo la valutazione di Pietro e degli altri pescatori, inutile, una fatica per niente; e questo lo si può fare solo sulla fiducia. Un tempo Dio aveva detto ad Abramo con la stessa perentorietà: “Esci dalla tua terra” (Gen 12, 1). Gli strumenti per la pesca sono le reti: esse non fanno morire ciò che vi è preso ma lo conservano. Lo traggono dagli abissi tenebrosi alla luce, dal profondo alla superficie.
v. 5: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”. 
Simone, il pescatore dichiara il suo fallimento. Egli si rimette al lavoro ma ora al servizio della Parola di Gesù e il lavoro rende. Ma deve proprio pescare di giorno? Sì, egli deve capire che non è per la propria forza e volontà che agisce. È di giorno che agisce perché obbediscono al sole, Gesù, che è risorto per rischiarare chi sta nelle tenebre. Gesù è la Parola che opera ciò che dice e in questo caso Simone deve capire che non sono le cause naturali che operano.
Negli Atti degli Apostoli, l’evangelizzatore Filippo deve andare a mezzogiorno su una strada deserta dove non c’è nessuno, ad evangelizzare (At 8, 26). Gli sforzi umani non approdano a nulla senza l’aiuto del Signore. D’ora innanzi è la Parola del Signore a guidare la vita di Simone.
“sulla tua parola getterò le reti”. 
Questa frase è ricca di significato, perché ricca di fede. A quella dimensione di maturazione attraverso la parola del Signore che diventa più importante e determinante nelle scelte di ogni altra prospettiva; in questo caso più importante che l’esperienza professionale dei pescatori. In questa esperienza c'è una obbedienza fattiva alla Parola. Il Signore ci chiede di obbedire a Lui, di obbedire anche quando sembra che l’obbedienza debba rivelarsi inefficace e inutile: non importa, si tratta di obbedire al Signore. E alla fine, riconoscere che quella pesca abbondante che ne è venuta non è frutto del nostro lavoro.
v. 6: “Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano”. Abbiamo qui dei verbi messi al plurale. Però dal racconto cogliamo che è solo Simone l'interpellato, quasi ad indicarci che nella moltitudine il Signore ha una paraola personale per ciascuno di noi. Simone occupa e risponde per noi alla parola del Signore sperimentando il capovolgimento di situazione dopo aver detto “sulla tua parola getterò le reti”: le reti vuote, di giorno, diventano piene. È l’esperienza di chi si abbandona totalmente all’obbedienza. Non è solo Simone, ma sei tu, sono io a doverlo sperimentare.
v. 7: “fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli”. 
Ci sta una fatica da condividere: è la fatica della pesca, della ricerca fruttuosa. Nel vangelo vi è una parola greca “syllabasthai” che noi traduciamo con “aiutarli”. Sarebbe il caso di dargli il suo giusto peso traducendola con “concepirli” perché è proprio la stessa parola che viene usata per dire che Maria “concepì” nel suo grembo il frutto della sua obbedienza. La Parola di Dio riempie Maria, la stessa Parola riempie le barche. Essa è Gesù che attira con sé i molti fratelli alla salvezza.
v. 8: “Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore”. 
Pietro avverte nel suo grande stupore per la prodigiosa pesca la sua realtà di peccatore. Ognuno di noi con lui ci possiamo immedesimare in questo ricordando cosa dice il profeta Isaia: "Io sono perduto perché sono un uomo dalle labbra impure" (Is 6,5). Ed esprime, quindi, quella consapevolezza che è in tutta la Bibbia, e cioè che l’uomo di fronte alla santità di Dio rimane schiacciato, rimane annientato, tanto è diversa questa santità di Dio dalla sua condizione umana, dalla impurità che l’uomo si porta dentro al cuore. E allora “Signore, allontanati da me che sono un peccatore” esprime questo: in qualche modo Pietro ha visto in Gesù di Nazaret la gloria di Dio, la bellezza e lo splendore di Dio. Ed è questo che, dentro un vero percorso spirituale, sempre deve avvenire.
In questo percorso ci si umilia non perché umiliati, ma per l’abbondanza della pesca, per la copiosità del dono della grazia. Cosa ha portato Simone a dichiararsi peccatore? Ciò che precede è l’abbondanza con la quale Gesù manifesta la sua presenza. Gesù non umilia, non accusa Pietro; gli fa vedere che le reti si strappano e la barca affonda: gli fa vedere e vivere l’abbondanza della sua misericordia. Gesù non umilia ma rende umili per l’abbondanza della sua misericordia. Il Signore fa sentire a Pietro quanto lo ama. Pietro trabocca di questa misericordia e ha bisogno della comunione per condividere la sovrabbondanza della misericordia di Dio.
v. 10: “Non temere”. 
In questo percorso spirituale, Gesù dice a Simone le stesse parole rivolte dall’angelo a Zaccaria e a Maria e che significano: abbi fiducia. Simone riceve dal Signore la sua missione di essere pescatore di uomini proprio nel momento in cui si scopre non pietra sicura, ma pietra inaffidabile, scivolosa “peccatore”. La vera pietra che fa da fondamento è la totale assoluta fiducia nel Signore: è il compito di ogni discepolo di Gesù.
Il Signore gli dice, infatti, “sarai pescatore di uomini” il testo greco svela il senso della pesca di Simone e dice: pescherai uomini perché vivano, cioè li strapperai all’abisso delle acque perché vivano. L’umanità è immersa nella perdizione, nel peccato e nella morte. Simone deve battersi perché gli uomini escano vivi dalle acque e continuino a vivere. Gesù è venuto a salvare ciò che era perduto (Lc 19, 10). Simone gli è l’aiutante.
Non si tratta solo di prendere gli uomini e di convertirli, ma di far sì che la nostra vita sia una predicazione vivente. Se la forza dell’amore della santa Trinità penetrerà in noi, in tutto ciò che viviamo, se saremo abbastanza silenziosi da fare instancabilmente ritorno a lui, la forza stessa del suo amore, che vuole che tutti gli uomini vivano, anche chi ha commesso i crimini peggiori, questa forza abiterà in noi. È questa la profondità, l’ampiezza dell’amore del nostro Dio, capace di abbattere tutti i muri eretti dall’odio e di rendere irrisorie tutte le potenze di questo mondo. Allora veramente la passione stessa di Dio, il quale vuole che ogni essere umano viva e viva in eterno, diverrà la nostra passione. È questo il diventare discepoli di Gesù.
v. 11: “E tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono”. 
Il verbo "seguire" è molto intenso, è forte, sconvolgente. In queste parole abbiamo la fede autentica. Gettare le reti sulla Parola del Signore è un piccolo atto di fede, un piccolo atto di fiducia, che impegna per una giornata, tanto quanto ci vuole per calare le reti e ritirarle su; ma lasciare tutto e seguirlo, vuol dire impegnare tutta la propria esistenza. Questo non è possibile senza avere intravisto nella vita di Gesù la presenza stessa di Dio, dell’amore e della santità di Dio. Ed il legame con il Signore diventa definitivo.
Nel vangelo possiamo notare che Gesù si era rivolto solo a Simone e indirettamente lo aveva esortato a seguirlo. Ma qui a conclusione viene detto che anche gli altri condividono la scelta di Simone. Si dice: “lasciarono tutto”: la loro vita cambia radicalmente. Incontrare Gesù e fidarsi della sua Parola porta a considerare tutto il resto secondario rispetto a lui.

Ci fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
 
La Parola illumina la vita e la interpella
Quando la nostra vita diventa abitudinaria e la ormeggiamo?
Qual è la Parola che oggi mi fa fremere il cuore? Su quella Parola sono disposto a gettare le reti anche se razionalmente non è logico?
C’è qualcosa di nuovo, qualcosa che cambia nell’esperienza quotidiana, quando ci fidiamo del Signore?Cosa vuole il Signore da me?
Immaginando la propria vita come una barca: che posto occupa concretamente il Signore (a prua, sottocoperta, albero maestro, vela,…)?

Rispondi a Dio con le sue stesse parole (Pregare)
Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.

Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.

Ti renderanno grazie, Signore, tutti i re della terra,
quando ascolteranno le parole della tua bocca.
Canteranno le vie del Signore:
grande è la gloria del Signore!

La tua destra mi salva.
Il Signore farà tutto per me.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani. (Sal 137).

L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità (Contemplare-agire)
Gesù rovescia la nostra vita! Nella vita ognuno di noi prende tante decisioni, anche grandi ed impegnative, ma il Signore parla nelle circostanze ordinarie della vita. Ascoltiamolo!!!


immagine: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Chiamata_di_san_pietro,_uffizi.jpg

 

domenica 26 febbraio 2023

LA DONNA CURVA

INVOCARE
Signore, fa che, immersi nel silenzio della tua presenza, ascoltiamo la Parola che tutto rinnova e ricrea.
Guarda a noi, ricurvi su noi stessi, sulle nostre miserie e raddrizzaci rendi la nostra vita eretta verso l'unico e sommo bene, perché anche in noi germogli frutti di bontà e di amore, a tua gloria e per la gioia di tutta l’umanità. Amen. 


IN ASCOLTO DELLA PAROLA (Lc 13,10-17)
Stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C'era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio. Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato». Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l'asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?». Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

Fermiamoci un momento in silenzio per cogliere la presenza di Dio nella nostra vita e lasciarci plasmare da Essa.

SOSTA CON LA PAROLA
Siamo nel Vangelo di Luca, dove solo lui porta, in poche righe, l'episodio della "donna curva" guarita da Gesù in giorno di sabato nella sinagoga di una zona di Perea, al di là del Giordano. Gesù approfittava sempre di questi momenti nella sinagoga per istruire e guarire.
Il racconto è breve ma pieno di senso e insegnamento. L'immagine appartiene a chiunque, uomo o donna che sia, per questo non troviamo un nome dato, perché ognuno, peccatore, si possa rispecchiare in questa persona.
Colpisce la posizione fisica assunta dalla donna costretta a vivere nell'impossibilità di raddrizzare la testa per guardare verso l'alto. Infatti, ogni peccatore si preoccupa delle cose della terra e non cerca quelle del Cielo. È incapace di guardare verso l’alto anche se si reputa religioso, credente. A tal proposito possiamo prendere a paragone il brano del pubblicano e il fariseo al Tempio, dove l'uomo che sta in piedi prega con se stesso (cfr. Lc 18,9-14). Noi siamo sempre rivolti verso noi stessi, per troppe situazioni (avidità e attaccamenti, mancanza di fede, materialismo pratico e teorico, disimpegno e pessimismo) curvi come questa donna, seguendo i desideri che ci trascinano verso il basso, la sua anima si curva e non vede altro che quello a cui pensa incessantemente: il bisogno di ritrovare la nostra posizione eretta. Per questo Gesù posa il suo sguardo verso la donna e poi la chiama, chiama nella via del bene comune, chiama nella via della salvezza, chiama alla guarigione fisica e spirituale. Egli guarì la donna, la raddrizzò.
Non sempre troviamo nel Vangelo Gesù che guarisce e questo perché nonostante la sua grazia illumini la nostra esistenza, non sempre siamo così disponibili ad accoglierla. Occorre fermarsi dinanzi alla Parola, raccogliersi con fede per farla penetrare nel nostro cuore. Infatti, la donna, non si è mai allontanata da Dio, dalla preghiera, dalla sinagoga che ogni sabato riuniva i fedeli per la preghiera e l'istruzione. La sua relazione con Dio era frequente. Non andò solo perché ne avesse bisogno per la sua malattia. Ella era capace di guardare, pur ricurva in se stessa, a un'altra malattia più grave: quella spirituale. E non perse mai la sua fiducia in Dio nonostante fosse schiacciata dal suo male.
Ora, dinanzi alla guarigione della donna, qualcuno si scandalizza. Siamo sempre noi che per primi ci scandalizziamo come se fossimo noi a gestire l'amore di Dio per gli altri. Qui è il capo della sinagoga, quindi una persona importante per la comunità, e si scandalizza per il gesto operato da Gesù in giorno di sabato. Tanto è scandalizzato quanto il suo rivelarsi ridicolo per quello che dirà dinanzi a tutti: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato» (v. 14).
Quante volte ci ritroviamo in questa situazione, dove lo spirito umano si fa guidare dalla miopia spirituale o dall'invidia incontrollata?
Gesù prende le difese della donna sanata e con tanta semplicità mette in ridicolo l'obiezione fatta: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l'asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?» (vv. 15-16).
Con questa espressione ma anche con molte altre, Gesù non fa altro che far comprendere che il suo messaggio è di amore e di misericordia e mai di legalità ed esteriore osservanza. Purtroppo Gesù non fu mai ascoltato e accettato fino ai nostri giorni. Quando nella nostra vita prevale l'io pensiamo che il male stia solo nell'altro e non in noi e cercheremo sempre di sconfiggere il bene ma non prevarremo mai! (cfr. Mt 16,17-19). Piuttosto cerchiamo di sconfiggere il male con il bene e "insieme alla folla esultiamo per le meraviglie che Dio compie in mezzo a noi" (cfr. v. 17). 
 
RISPONDI A DIO CON LE SUE STESSE PAROLE
Signore, non punirmi nella tua collera,
non castigarmi nel tuo furore.
Le tue frecce mi hanno trafitto,
la tua mano mi schiaccia.

Per il tuo sdegno, nella mia carne non c'è nulla di sano,
nulla è intatto nelle mie ossa per il mio peccato.
Le mie colpe hanno superato il mio capo,
sono un carico per me troppo pesante.

Fetide e purulente sono le mie piaghe
a causa della mia stoltezza.
Sono tutto curvo e accasciato,
triste mi aggiro tutto il giorno.

Sono tutti infiammati i miei fianchi,
nella mia carne non c'è più nulla di sano.
Sfinito e avvilito all'estremo,
ruggisco per il fremito del mio cuore.

Signore, è davanti a te ogni mio desiderio
e il mio gemito non ti è nascosto.
Palpita il mio cuore, le forze mi abbandonano,
non mi resta neppure la luce degli occhi.

I miei amici e i miei compagni
si scostano dalle mie piaghe,
i miei vicini stanno a distanza.
Tendono agguati quelli che attentano alla mia vita,
quelli che cercano la mia rovina tramano insidie
e tutto il giorno studiano inganni.

Io come un sordo non ascolto
e come un muto non apro la bocca;
sono come un uomo che non sente
e non vuole rispondere.
Perché io attendo te, Signore;
tu risponderai, Signore, mio Dio.

Avevo detto: «Non ridano di me!
Quando il mio piede vacilla,
non si facciano grandi su di me!».

Ecco, io sto per cadere
e ho sempre dinanzi la mia pena.
Ecco, io confesso la mia colpa,
sono in ansia per il mio peccato.

I miei nemici sono vivi e forti,
troppi mi odiano senza motivo:
mi rendono male per bene,
mi accusano perché cerco il bene.

Non abbandonarmi, Signore,
Dio mio, da me non stare lontano;
vieni presto in mio aiuto,
Signore, mia salvezza. (Sal 38).

L'INCONTRO CON L'INFINITO DI DIO È IMPEGNO CONCRETO NELLA QUOTIDIANITÀ
Riconosciamo il nostro incurvamento e facciamo la nostra attualizzazione per trovare anche noi la grazia per essere sanati. Facciamo sgorgare la meraviglia nel nostro cuore e lodiamo Dio nella nostra quotidianità.


immagine: https://blogphilosophica.files.wordpress.com/2016/11/gesc3b9-guarisce-la-donna-curva-1.jpg?w=656



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