martedì 5 aprile 2022

GIUSEPPE DI ARIMATEA

INVOCAZIONE
Padre misericordioso, manda anche me, in questo tempo santo della preghiera e dell’ascolto della tua Parola, il tuo angelo santo, perché possa ricevere l’annuncio della salvezza e, aprendo il cuore, possa offrire il mio sì all’Amore. 
Manda su di me, ti prego, il tuo Spirito santo, quale ombra che mi avvolge, quale potenza che mi colma. 
Fin da adesso, o Padre, io non voglio dirti altro che il mio “Sì!”; dirti: “Eccomi, sono qui per te. Fa di me ciò che ti piace”. Amen.

IN ASCOLTO DELLA PAROLA (Lc 23,50-53)
50Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, buono e giusto. 51Egli non aveva aderito alla decisione e all'operato degli altri. Era di Arimatea, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio. 52Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. 53Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto.

cfr. anche Mt 27,57; Mc 15,42-47; Gv 19,38-42

RIFLETTERE SULLA PAROLA
Il brano ascoltato ci riporta ai giorni della morte di Gesù in croce. Tra i vari personaggi, ne troviamo uno in particolare: Giuseppe di Arimatea. 
Arimatea, è una cittadina a nord ovest rispetto a Gerusalemme. Giuseppe apparteneva al sinedrio, la massima autorità giudaica per le questioni di ordine giuridico e religiose del tempo, cioè faceva parte di coloro che hanno deciso la morte di Gesù.
Per l'evangelista Luca, Giuseppe non ha condiviso la decisione di uccidere Gesù; gli evangelisti Matteo e Giovanni poi aggiungono che addirittura sia stato un suo seguace. Tutti e quattro i vangeli concordano nel dire che Giuseppe andò personalmente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù, lo depose dalla croce lo unse con oli aromatici e lo seppellì in un sepolcro di sua proprietà scavato nella roccia.
I fatti si svolsero in fretta perché stava per iniziare il sabato, il giorno del riposo giudaico.
Probabilmente Giuseppe fu uno dei pochi a toccare il corpo di Gesù morto, anche se seppellire i morti è un opera di misericordia che attraversa tutta la Bibbia (cfr. Gen 23) e in questo momento Giuseppe diede prova del suo grande amore della sua cura verso Gesù di Nazareth.
Lo sappiamo, Giuseppe offrì un sepolcro nuovo per seppellire il corpo di Gesù. Pilato concesse la deposizione dalla croce e così il corpo di Gesù fu deposto e messo in un sepolcro nuovo e all'ingresso fu rotolata una grossa pietra.
Cosa ha chiesto Giuseppe? Giuseppe era un uomo che aspettava il Regno di Dio e chiedendo a Pilato il corpo di Gesù, in qualche modo, chiede il Regno di Dio. Il Regno di Dio è il corpo di Gesù ed è un seme che messo sottoterra e germinerà.
Esso contiene tutta la storia di Dio per gli uomini, tutta la storia del male dell’umanità, e tutta la storia del bene infinito di Dio per questa umanità. Ed è solo un seme che deve entrare sotto terra, questo seme deve entrare in noi ed è posto in noi questo corpo che germina, questo seme che è poi la Parola di Dio che germina quando meno ce lo aspettiamo e porta frutto per coloro che ci stanno accanto, per coloro che attendono: è un frutto da condividere.
L'esperienza di Giuseppe ci riporta alla stessa esperienza di Maria, la madre di Gesù che contemplò quel corpo fin dalla nascita, avvolto in fasce, sapeva che quel bimbo era Dio e che in quel momento, in quella fragilità, era tra le sue mani.
Giuseppe vede questo corpo, lo lava lo avvolge – sono cure materne – vede tutte le ferite, vede tutta la storia di quel corpo. È la vera contemplazione di queste ferite: perché tutto questo? perché quest’altra ferita? È per te tutto questo, sono stati i miei fratelli. 
Quante volte anche noi feriamo il corpo di Gesù? Quante le situazioni in cui le ferite sul corpo di Gesù si ripetono? Sono molteplici, basta guardarsi attorno, basta guardare quello che succede ai nostri giorni per capire queste ferite.
Questo corpo ferito è messo in un sepolcro. La parola "mnēmeion" che indica sepolcro, tomba, ha la stessa radice di "memoria" imparentata con la parola "morte". L’uomo è memoria di morte, tutto ciò che facciamo nella vita è per  evitare la morte che ricordiamo sempre; noi abbiamo costantemente una memoria di morte, che è la nostra sorte.
Però non è tutto qui. Non finisce così. Daremmo ragione ai discepoli di Emmaus, che tristemente ritornarono alle loro cose, mettendo una grossa pietra su tutto e su loro stessi.
Gesù con la sua morte capovolge la situazione. Il sepolcro nuovo donato da Giuseppe è diventato la stanza nuziale. Ci sono 33 chili di profumi dello sposo e il giorno di Pasqua troveranno i teli di lino stesi, cioè il letto preparato per l’incontro. 
Quindi la morte svanisce rimane il profumo di vita.
Giuseppe di Arimatea vivrà di quest'incontro, di questo profumo di vita e sarà per tutti noi, traccia eloquente di quanto viene vissuto.

Rispondi a Dio con le sue stesse parole 
Dal profondo a te grido, o Signore; 
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti 
alla voce della mia preghiera.
 
Se consideri le colpe, Signore, 
Signore, chi potrà sussistere? 
Ma presso di te è il perdono: 
e avremo il tuo timore.

Io spero nel Signore,
l'anima mia spera nella sua parola.
L'anima mia attende il Signore
più che le sentinelle l'aurora.

Israele attenda il Signore,
perché presso il Signore
è la misericordia
e grande presso di lui la redenzione.
Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe. (Salmo 130).

L’incontro con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità
"Ti fu proibito di toccare la pianta simbolica della vita; ma io, che sono la vita, ti comunico quello che sono. Ho posto dei cherubini che come servi ti custodissero. Ora faccio sì che i cherubini ti adorino quasi come Dio, anche se non sei Dio. Il trono celeste è pronto, pronti agli ordini sono i portatori, la sala è allestita, la mensa apparecchiata, l’eterna dimora è addobbata, i forzieri aperti. In altre parole, è preparato per te dai secoli eterni il regno dei cieli" (da un'omelia sul sabato santo).



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