venerdì 8 aprile 2022

IL CIRENEO

INVOCARE
O Dio nostro Padre, tu vuoi parlare al nostro cuore e ti chini, pietoso, su di noi.
Fa’ che, immersi nel silenzio della tua presenza, ascoltiamo la Parola che tutto rinnova e ricrea.
Rendici una terra di umiltà, povera e dimenticata, dove il buon seme della tua Parola possa silenziosamente cadere per germogliare in fiore e dare frutto, miracolo d’amore, a tua gloria e per la gioia di tutta l’umanità. Amen. 

IN ASCOLTO DELLA PAROLA (Lc 23,26)
26Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù.

cfr. Mt 27,32; Mc 15,21



RIFLETTERE SULLA PAROLA
Tra i personaggi della "Via Crucis" fatta da Gesù stesso, troviamo Simone di Cirene. I Vangeli sinottici sono concordi nel riportare l'episodio dove si evince che un certo Simone di Cirene fu obbligato dai soldati romani ad aiutare a trasportare la croce di Gesù, durante la salita al Golgota per la crocifissione. L'evangelista Marco nella sua versione, assieme a lui, nomina anche i suoi figli, che evidentemente erano conosciuti come cristiani, come membri di quella comunità (Mc 15,21).
La motivazione di questa scelta fu perché le forze fisiche di Gesù sono probabilmente arrivate allo stremo e quindi non riesce più a trasportare quel legno pesante a cui verrà appeso per essere messo a morte. 
Sappiamo già, a prescindere le raffigurazioni, che Gesù non porta l'intera croce, ma solo il palo orizzontale per poi essere appeso al palo verticale già predisposto in cima al Golgota.
Egli è portato via per essere ucciso. È solo lungo la via a portare il legno della croce. Tutto è sulle sue spalle, non c'è un discepolo che lo aiuta. 
Ricordiamo che a quei tempi la croce era ben lontana dall’essere un motivo ornamentale o un simbolo di pace. Era un simbolo di vergogna, di tortura e morte riservato ai peggiori criminali. Nessuno di quelli che hanno partecipato alla condanna e all’arresto di Gesù vuole prendersi la responsabilità di portare un fardello scomodo e vergognoso. Che soluzione trovano? La fanno portare ad uno che non c’entra niente. Uno che veniva da fuori, da una città straniera: l'Africa e che in quel momento veniva dalla campagna, e sconosceva i fatti. 
In altri termini, Simone, è un capro espiatorio che facesse il lavoro sporco provocato dalla loro cattiveria, e gli è imposta la croce, come investitura da portare dietro Gesù. 
Ora, il discepolo è quello che porta la propria croce dietro Gesù. Gesù aveva detto a quanti lo seguivano: «Se uno vuol venire dietro  a me, rinunzi a se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Lc 9, 23). Ognuno deve portare la propria. Questo non porta la propria croce, porta la croce stessa di Gesù; porta il male degli altri, porta il male del mondo, quindi è immagine di Cristo, Agnello di Dio. Dall'incontro involontario è scaturita la fede. Accompagnando Gesù e condividendo il peso della croce, il Cireneo ha capito che era una grazia poter camminare assieme a questo Crocifisso e assisterlo. 
Un altro aspetto che possiamo cogliere è che Simone si chiama come Pietro. I due qui, forse, sono faccia a faccia.  Pietro è colui che era disposto a morire con Cristo, per Cristo. Mentre il Cireneo in tutto questo è costretto. Ed è lui il vero discepolo. E con questo suo gesto ha avuto la più grande dignità che sia toccata a un qualunque uomo nella storia: aiutare Dio nel momento decisivo della storia a differenza di Giuda che ha tradito.
Molti fuggono dalla croce. Fuggire dalla croce: è una tentazione perenne di tutto il popolo di Dio. Eppure con quella Croce il Signore ci redime.
In questo scenario, Simone di Cirene è l'uomo che accoglie e vive in silenzio il mistero del dolore, il mistero della croce. Forse non è il caso di metterlo come modello di vita, perché era all'esterno di quanto stava accadendo, sconosceva tutto ciò. Eppure in questa estraneità Simone incontra Gesù.
Cosa succede in quest'incontro? Simone può liberamente maledire Gesù, visto che per colpa sua deve portare una colpa non sua. Però quella è l'occasione per chiedersi chi è Gesù, perché è sfigurato, perché porta quel patibolo?
Chissà quante altre domande possiamo farci. In fondo Simone di Cirene rappresenta tutti noi: all'improvviso siamo avvolti da una difficoltà, da un male, da una prova, da una malattia, qualcosa di imprevisto che non desideravamo.
Qui è diverso: scende un silenzio dove potrai sentire solo un sibilo nell'aria che ti invita a seguire il Signore senza sapere né dove e né come. Sei come davanti a un bivio che ti invita a scegliere.
Sta a noi scegliere, se come il Cireneo, di prendere quella croce, di unirci a Cristo nelle sue sofferenze oppure continuare ad ignorarlo. 
Quante situazioni dolorose, di morte, ai nostri giorni. In questi casi la cosa migliore da fare è seguire Gesù, con docilità, con umiltà. Non occorre arrabbiarsi, ribellarsi. La cosa da fare è solamente dire di sì per continuare a seguire Cristo, di soffrire assieme agli altri.
Con il Cireneo ricordiamo i tanti volti di persone che ci sono state vicine nei momenti in cui una croce pesante si è abbattuta su di noi o sulla nostra famiglia. Ma anche coloro che con il volontariato si sono fatti cirenei nella sofferenza e nel disagio. Gesù, il cui amore divino solo poteva e può redimere l'umanità intera, vuole che condividiamo la sua croce per completare quello che ancora manca ai suoi patimenti (Col 1, 24). Ogni volta che con bontà ci facciamo incontro a qualcuno che soffre, qualcuno che è perseguitato e inerme, condividendo la sua sofferenza, aiutiamo a portare la croce stessa di Gesù. E così otteniamo salvezza e noi stessi possiamo contribuire alla salvezza del mondo.
Il Cireneo insegna a lasciarci aiutare con umiltà, se ne abbiamo bisogno, e anche a essere cirenei per gli altri, a vivere d'amore, un amore che vede lontano e sempre aperto come la campagna da cui proveniva.
 
RISPONDI A DIO CON LE SUE STESSE PAROLE
È cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per potercene compiacere.

Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia;
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.

Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori;
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.

Egli è stato trafitto per i nostri delitti,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti. (Is 53,2-5).

L'INCONTRO CON L'INFINITO DI DIO È IMPEGNO CONCRETO NELLA QUOTIDIANITÀ
Impariamo che nel condividere la croce degli altri è una grazia del Signore, è incontro con l'Amore per eccellenza, è sperimentare la bellezza di Dio che continuamente si fa servo. Vivere la sofferenza di questo mondo può aiutare a crescere la Chiesa intera.




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