domenica 26 febbraio 2023

LA DONNA CURVA

INVOCARE
Signore, fa che, immersi nel silenzio della tua presenza, ascoltiamo la Parola che tutto rinnova e ricrea.
Guarda a noi, ricurvi su noi stessi, sulle nostre miserie e raddrizzaci rendi la nostra vita eretta verso l'unico e sommo bene, perché anche in noi germogli frutti di bontà e di amore, a tua gloria e per la gioia di tutta l’umanità. Amen. 


IN ASCOLTO DELLA PAROLA (Lc 13,10-17)
Stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C'era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio. Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato». Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l'asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?». Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

Fermiamoci un momento in silenzio per cogliere la presenza di Dio nella nostra vita e lasciarci plasmare da Essa.

SOSTA CON LA PAROLA
Siamo nel Vangelo di Luca, dove solo lui porta, in poche righe, l'episodio della "donna curva" guarita da Gesù in giorno di sabato nella sinagoga di una zona di Perea, al di là del Giordano. Gesù approfittava sempre di questi momenti nella sinagoga per istruire e guarire.
Il racconto è breve ma pieno di senso e insegnamento. L'immagine appartiene a chiunque, uomo o donna che sia, per questo non troviamo un nome dato, perché ognuno, peccatore, si possa rispecchiare in questa persona.
Colpisce la posizione fisica assunta dalla donna costretta a vivere nell'impossibilità di raddrizzare la testa per guardare verso l'alto. Infatti, ogni peccatore si preoccupa delle cose della terra e non cerca quelle del Cielo. È incapace di guardare verso l’alto anche se si reputa religioso, credente. A tal proposito possiamo prendere a paragone il brano del pubblicano e il fariseo al Tempio, dove l'uomo che sta in piedi prega con se stesso (cfr. Lc 18,9-14). Noi siamo sempre rivolti verso noi stessi, per troppe situazioni (avidità e attaccamenti, mancanza di fede, materialismo pratico e teorico, disimpegno e pessimismo) curvi come questa donna, seguendo i desideri che ci trascinano verso il basso, la sua anima si curva e non vede altro che quello a cui pensa incessantemente: il bisogno di ritrovare la nostra posizione eretta. Per questo Gesù posa il suo sguardo verso la donna e poi la chiama, chiama nella via del bene comune, chiama nella via della salvezza, chiama alla guarigione fisica e spirituale. Egli guarì la donna, la raddrizzò.
Non sempre troviamo nel Vangelo Gesù che guarisce e questo perché nonostante la sua grazia illumini la nostra esistenza, non sempre siamo così disponibili ad accoglierla. Occorre fermarsi dinanzi alla Parola, raccogliersi con fede per farla penetrare nel nostro cuore. Infatti, la donna, non si è mai allontanata da Dio, dalla preghiera, dalla sinagoga che ogni sabato riuniva i fedeli per la preghiera e l'istruzione. La sua relazione con Dio era frequente. Non andò solo perché ne avesse bisogno per la sua malattia. Ella era capace di guardare, pur ricurva in se stessa, a un'altra malattia più grave: quella spirituale. E non perse mai la sua fiducia in Dio nonostante fosse schiacciata dal suo male.
Ora, dinanzi alla guarigione della donna, qualcuno si scandalizza. Siamo sempre noi che per primi ci scandalizziamo come se fossimo noi a gestire l'amore di Dio per gli altri. Qui è il capo della sinagoga, quindi una persona importante per la comunità, e si scandalizza per il gesto operato da Gesù in giorno di sabato. Tanto è scandalizzato quanto il suo rivelarsi ridicolo per quello che dirà dinanzi a tutti: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato» (v. 14).
Quante volte ci ritroviamo in questa situazione, dove lo spirito umano si fa guidare dalla miopia spirituale o dall'invidia incontrollata?
Gesù prende le difese della donna sanata e con tanta semplicità mette in ridicolo l'obiezione fatta: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l'asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?» (vv. 15-16).
Con questa espressione ma anche con molte altre, Gesù non fa altro che far comprendere che il suo messaggio è di amore e di misericordia e mai di legalità ed esteriore osservanza. Purtroppo Gesù non fu mai ascoltato e accettato fino ai nostri giorni. Quando nella nostra vita prevale l'io pensiamo che il male stia solo nell'altro e non in noi e cercheremo sempre di sconfiggere il bene ma non prevarremo mai! (cfr. Mt 16,17-19). Piuttosto cerchiamo di sconfiggere il male con il bene e "insieme alla folla esultiamo per le meraviglie che Dio compie in mezzo a noi" (cfr. v. 17). 
 
RISPONDI A DIO CON LE SUE STESSE PAROLE
Signore, non punirmi nella tua collera,
non castigarmi nel tuo furore.
Le tue frecce mi hanno trafitto,
la tua mano mi schiaccia.

Per il tuo sdegno, nella mia carne non c'è nulla di sano,
nulla è intatto nelle mie ossa per il mio peccato.
Le mie colpe hanno superato il mio capo,
sono un carico per me troppo pesante.

Fetide e purulente sono le mie piaghe
a causa della mia stoltezza.
Sono tutto curvo e accasciato,
triste mi aggiro tutto il giorno.

Sono tutti infiammati i miei fianchi,
nella mia carne non c'è più nulla di sano.
Sfinito e avvilito all'estremo,
ruggisco per il fremito del mio cuore.

Signore, è davanti a te ogni mio desiderio
e il mio gemito non ti è nascosto.
Palpita il mio cuore, le forze mi abbandonano,
non mi resta neppure la luce degli occhi.

I miei amici e i miei compagni
si scostano dalle mie piaghe,
i miei vicini stanno a distanza.
Tendono agguati quelli che attentano alla mia vita,
quelli che cercano la mia rovina tramano insidie
e tutto il giorno studiano inganni.

Io come un sordo non ascolto
e come un muto non apro la bocca;
sono come un uomo che non sente
e non vuole rispondere.
Perché io attendo te, Signore;
tu risponderai, Signore, mio Dio.

Avevo detto: «Non ridano di me!
Quando il mio piede vacilla,
non si facciano grandi su di me!».

Ecco, io sto per cadere
e ho sempre dinanzi la mia pena.
Ecco, io confesso la mia colpa,
sono in ansia per il mio peccato.

I miei nemici sono vivi e forti,
troppi mi odiano senza motivo:
mi rendono male per bene,
mi accusano perché cerco il bene.

Non abbandonarmi, Signore,
Dio mio, da me non stare lontano;
vieni presto in mio aiuto,
Signore, mia salvezza. (Sal 38).

L'INCONTRO CON L'INFINITO DI DIO È IMPEGNO CONCRETO NELLA QUOTIDIANITÀ
Riconosciamo il nostro incurvamento e facciamo la nostra attualizzazione per trovare anche noi la grazia per essere sanati. Facciamo sgorgare la meraviglia nel nostro cuore e lodiamo Dio nella nostra quotidianità.


immagine: https://blogphilosophica.files.wordpress.com/2016/11/gesc3b9-guarisce-la-donna-curva-1.jpg?w=656



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