sabato 15 maggio 2010

ZIPPORAH


Invocare
Concedi, o Dio, di accostarci con umiltà e santo timore a questa Parola che ci supera infinitamente; a questa realtà che è mistero della tua presenza. Fa' che là dove la nostra mente non può arrivare giunga il nostro cuore mediante l'intuizione dell'amore e tutto il nostro essere taccia davanti a Te, Ti contempli e Ti adori. Amen.

lectio (Es 4,19-20.24-26)
4, [19] Il Signore disse a Mosè in Madian: "Va', torna in Egitto, perché sono morti quanti insidiavano la tua vita!". [20] Mosè prese la moglie e i figli, li fece salire sull'asino e tornò nel paese di Egitto. Mosè prese in mano anche il bastone di Dio.[24] Mentre si trovava in viaggio, nel luogo dove pernottava, il Signore gli venne contro e cercò di farlo morire. [25] Allora Zippora prese una selce tagliente, recise il prepuzio del figlio e con quello gli toccò i piedi e disse: "Tu sei per me uno sposo di sangue". [26] Allora si ritirò da lui. Essa aveva detto sposo di sangue a causa della circoncisione.

Mosheh in fuga dal faraone, si rifugia nel paese di Madian dove è accolto dal sacerdote Ietro che gli dà in moglie la propria figlia Zipporah (Es 2,21).
Non abbiamo molte notizie nei riguardi di questa donna, ma possiamo cogliere alcuni momenti particolari importanti, perché ogni parola del Testo Sacro è come un «colore - scrive un poeta contemporaneo - perché la tua mente ritorni a viaggiare…a ritroso nel tempo per afferrare un profumo…un sapore» o come insegnano i rabbini, saper leggere gli spazi bianchi.
La Parola di Dio è un continuo manifestarsi nella vita di Mosheh «servo di Dio» per eccellenza (Sal 105,26) e prende moglie e figli e fa ritorno in Egitto. I familiari di Mosheh sperimenteranno la condivisione delle difficoltà a cui il servo di Dio va incontro nel liberare il popolo dall’oppressione Egiziana, quasi a rivivere la rappresentazione della fuga in Egitto della Famiglia di Nazaret e il suo ritorno (cfr. Mt 2,13-15).
Zipporah, nel nostro brano si presenta come una donna intelligente, pratica, energica, piena di iniziativa, oltre che sollecita e amorosa moglie e madre.
Il cammino che fa Zipporah insieme al marito traspare di docilità, sottomissione in un continuo silenzio religioso. Ma durante questo cammino abbiamo un episodio misterioso ed enigmatico: Dio affronta Mosheh e vuole farlo morire. Ricordiamo qui l’episodio con Giacobbe (cfr. Gen 32,23-32) ma con una differenza Giacobbe era solo, mentre Mosheh ha accanto a sé una donna dove poter trovare rifugio: Zipporah. È lei che diventa improvvisamente protagonista della lotta, infatti, sfida Dio pur di salvare il marito.Le lotte misteriose e pericolose che ritroviamo nella Sacra Scrittura, stanno a significare che si può compiere il disegno di Dio solo se si fa pienamente la sua volontà e per adempiere il volere divino, bisogna anzitutto purificarsi dalla propria volontà. Mosheh non è circonciso, ma Dio lo chiama!
Quest’irruzione brusca e violenta di Dio nella vita di Mosè è la prova, la notte, il combattimento, l’ «agonia». Mosè ne deve conoscere l’abbattimento, l’umiliazione, perché la forza che abiterà in lui, non è sua ma di Dio, per questo ha bisogno di purificarsi.Questa purificazione avviene per mezzo di Zipporah. Ella intuisce, sa che la circoncisione è il segno della risposta positiva dell’uomo all’Alleanza di Dio allora prese una selce tagliente, recise il prepuzio del figlio Ghersom e con la membrana asportata toccò i genitali del marito (i «piedi» sono un eufemismo). Ella proclama anche delle parole solenni «sposo di sangue…» cioé un uomo che non si può sposare senza che vi fosse un’effusione di sangue. Sono espressioni che ancora oggi, nella lingua araba, sia marito che circoncisione hanno la stessa radice.
Perché la circoncisione? I genitali sono gli organi che donano la vita; il sangue rappresenta la vita stessa. Il coltello di pietra ci fa capire che siamo chiaramente in un contesto rituale e Zipporah, figlia di un sacerdote, in questo caso si rivela sacerdotessa compiendo un rituale che salva. Infatti, l’esito del gesto dona vita al marito placando l’ira di Dio.
Nel gesto della circoncisione abbiamo l’invito alla conversione così come narra Ger 4 che è un rinnovare la vita che nell’espressione ebraica indica la circoncisione per il Signore, l’eliminare il prepuzio del proprio cuore.
Il significato della circoncisione è collegato al matrimonio al tempo del fidanzamento, un rito di iniziazione. Nella storia dei Sichemiti pare che si parli proprio di questo (cfr. Gen 34). Anche in altri testi della Sacra Scrittura noi troviamo il termine circoncidere. Geremia parla di «cuore incirconciso» (Ger 1,4); «orecchio incirconciso» è l’orecchio che non ascolta (Ger 6,10); «labbra incirconcise» (Es 6,12) sono le labbra incapaci di parlare.Possiamo capire che essere circoncisi per un primo momento significò essere adatti a una vita matrimoniale normale; solo in seguito assume un significato etico-religioso, segno di Alleanza con Dio, di aggregazione con il popolo di Dio, di appartenenza al popolo eletto. Mosheh fa ritorno in Egitto, compie la sua missione, ma grazie a Zipporah egli ritorna rinnovato, disponibile con un progetto del tutto nuovo ed estremamente impegnativo, capace di progetto e meraviglia.
I versetti di questo brano ci restano enigmatici, ma certamente dietro qualcosa si cela, forse attraverso il colore rosso che «È il colore più acceso… è la vita che esplode… ma è anche il colore del sole che muore. Rosse… sono le foglie dell’autunno più mite o un dispetto che ancora ti brucia e il sapore amaro della vendetta… ma può essere anche un’eterna promessa d’amore» (L. FORNARINI, Scarabocchi perché, Borgosatollo 1999, p. 8).
Dietro queste parole poetiche noi possiamo cogliere quel “rosso” d’amore che Zipporah ha in sé per suo marito Mosheh, quel rosso d’amore che si fa pontefice tra l’uomo e Dio in una situazione terribile, perché provato da Dio. È l’amore che spinge questa donna ad essere sacerdotessa per l’altro praticando un rito, l’amore spinge Zipporah ad essere corresponsabile della vita di fede di Mosheh e non un semplice modo di essere moglie o restare sottomessa al marito. È l’amore che sceglie la vita, è l’amore che aiuta Mosheh ad incontrare Dio per attuare il Suo volere. È l’aiuto che Dio mette di fronte all’uomo.
Quest’aiuto noi lo troviamo descritto meglio da Gen 2,18, non nel senso di servirlo, ma aiuto che «sta di fronte a lui» termine che indica identità di natura e nel medesimo tempo complementarietà. Ed è in questa complementarietà che possiamo trovare la canzone d’amore che Zipporah rivolge al marito come espressione del cuore, interpellazione dell’altro, comunione stessa con l’altro. Infatti, Zipporah segue Mosheh nelle sue vicende condividendo il tutto, restando sottomessa a lui il quale «era molto mansueto di ogni uomo che è sulla terra» (Nm 12,3) e a Dio che sapeva essere giusto, difensore e salvatore dei retti di cuore (Cfr. Sal 7,11-12). Zipporah sa’ che, amare è riconoscere il dono dell’altro per me diventanto, al tempo stesso, dono per lui. Amare è confessare che la vita sta tutta in questa relazione rischiosa e feconda che è il reciproco dono.Dicevamo che i versetti sono misteriosi ed enigmatici anche perché tra i due vi è del mistero che viene velato dalla notte, una notte senza spettatori così come fu per Giacobbe, come fu per Adamo e anche per altri personaggi.
Il «Dio dei mille agguati e di un solo interminabile silenzio» ha scritto il teologo Pier Angelo Sequeri, che continuano a moltiplicarsi “bucando” le incrostazioni della storia. È il mistero dell’amore fra l’uomo e la donna che non sarà mai una realtà solamente umana, perché affonda le sue radici in Dio e rimane radicalmente aperto a lui aprendosi alla storia.
La storia umana, la tua storia come pure la storia di ogni coppia, è incrociata dalla storia di Dio che è storia di compassione che si prende a cuore la sofferenza umana e associa ciascuno di noi a questa storia di liberazione e di amore.In questo mistero d’amore vi è la profezia quotidiana perché in cammino verso l’incontro con Dio per testimoniarlo con fede e speranza, facendo regnare solo l’amore.
L’amore diventa, in questo modo, vocazione: eterna promessa d’amore.

interrogarsi
1. Hai mai provato a cercare in te il “colore rosso” della tua vita, che ti fa essere pontefice tra l’uomo e Dio?
2. Come vivi quel “rosso” d’amore che Dio ha seminato nel tuo cuore?
3. Sei pronto/a anche tu come Zipporah ad essere sacerdote per l’altro?
4. Sull’esempio di Zipporah, prova a chiederti quale coraggio mostri nel vivere la tua vita, come doni la speranza e con quali gesti la testimoni.

preghiera
Padre buono, tutto hai creato in modo stupendo: in Adamo l’intera umanità era presente in unità perfetta, maschio e femmina avevi creato gli uomini, ben sapevi che l’amore fa l’unità e che l’amore non è amore se non ha su chi riversarvio se non c’è chi lo riceva e lo ricambi. Tu volesti dare all’uomo la gioia di poter esprimere l’amore, poiché a tua immagine l’avevi creato, per amare ed essere amato. Ed ecco la donna, «carne della sua carne» che potesse stargli di fronteper ricevere e ricambiare l’amore.
Quale momento sublime per Adamo: le corde del suo cuore si mettono a vibrare e il canto, inciso da te, suo Creatore, sgorga a rivelare che il cuore umano è fatto per amare.

actio
Prova a portare nella vita di ogni giorno queste parole: «Mirabile è l’opera da lui compiuta nel mistero pasquale: egli ci ha fatti passare dalla schiavitù del peccato e della morte alla gloria di proclamarci stirpe eletta, regale sacerdozio, gente santa, popolo di sua conquista, per annunziare al mondo la tua potenza, o Padre, che dalle tenebre ci hai chiamati allo splendore della tua luce» (Prefazio domeniche Ordinarie I).