giovedì 21 ottobre 2010

ELIA

INVOCARE
Vieni, Spirito Santo, riempi della tua luce la nostra mente per capire il vero significato della tua Parola.
Vieni, Spirito Santo, accendi nei nostri cuori il fuoco del tuo amore per infiammare la nostra fede.
Vieni, Spirito Santo, riempi la nostra persona con la tua forza per rinvigorire ciò che in noi è debole nel nostro servizio a Dio.
Vieni, Spirito Santo, con il dono della prudenza per frenare il nostro entusiasmo che ci impedisce ad amare Dio e il prossimo.

LEGGERE (1Re 16,23-34-17,1-6)
16, [23] Nell'anno trentunesimo di Asa re di Giuda, divenne re di Israele Omri. Regnò dodici anni, di cui sei in Tirza. [24] Poi acquistò il monte Someron da Semer per due talenti d'argento. Costruì sul monte e chiamò la città che ivi edificò Samaria dal nome di Semer, proprietario del monte. [25] Omri fece ciò che è male agli occhi del Signore, peggio di tutti i suoi predecessori. [26] Imitò in tutto la condotta di Geroboamo, figlio di Nebàt, e i peccati che quegli aveva fatto commettere a Israele, provocando con le loro vanità a sdegno il Signore, Dio di Israele. [27] Le altre gesta di Omri, tutte le sue azioni e le sue prodezze, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Israele. [28] Omri si addormentò con i suoi padri e fu sepolto in Samaria. Al suo posto divenne re suo figlio Acab.
[29] Acab figlio di Omri divenne re su Israele nell'anno trentottesimo di Asa re di Giuda. Acab figlio di Omri regnò su Israele in Samaria ventidue anni. [30] Acab figlio di Omri fece ciò che è male agli occhi del Signore, peggio di tutti i suoi predecessori. [31] Non gli bastò imitare il peccato di Geroboamo figlio di Nebàt; ma prese anche in moglie Gezabele figlia di Et-Bàal, re di quelli di Sidone, e si mise a servire Baal e a prostrarsi davanti a lui. [32] Eresse un altare a Baal nel tempio di Baal, che egli aveva costruito in Samaria. [33] Acab eresse anche un palo sacro e compì ancora altre cose irritando il Signore Dio di Israele, più di tutti i re di Israele suoi predecessori. [34] Nei suoi giorni Chiel di Betel ricostruì Gerico; gettò le fondamenta sopra Abiram suo primogenito e ne innalzò le porte sopra Segub suo ultimogenito, secondo la parola pronunziata dal Signore per mezzo di Giosuè, figlio di Nun.
17, [1] Elia, il Tisbita, uno degli abitanti di Gàlaad, disse ad Acab: "Per la vita del Signore, Dio di Israele, alla cui presenza io sto, in questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia, se non quando lo dirò io".
[2] A lui fu rivolta questa parola del Signore: [3] "Vattene di qui, dirigiti verso oriente; nasconditi presso il torrente Cherit, che è a oriente del Giordano. [4] Ivi berrai al torrente e i corvi per mio comando ti porteranno il tuo cibo". [5] Egli eseguì l'ordine del Signore; andò a stabilirsi sul torrente Cherit, che è a oriente del Giordano. [6] I corvi gli portavano pane al mattino e carne alla sera; egli beveva al torrente.


Percorriamo, con questa lectio, una parte dell’esperienza del profeta Elia partendo dal suo contesto storico, socio-politico-religioso che ci fa capire che la chiamata al servizio di Dio appare in un momento preciso della storia che viviamo (cfr. 16,23). Infatti, i versetti 23-34 del cap. 16 del 1Re fanno una lettura teologica degli eventi storici.
Il v. 1 inizia ricordandoci il periodo storico con la ascesa al trono di Omri. Egli, per la storia, fu un grande re. Unificò con la sua politica il regno del nord (Israele) e i popoli siro-fenici stringendo rapporti economici notevoli, ampliando scambi commerciali. Per garantire i suoi confini e stabilizzare i rapporti commerciali con i sirofenici. Omri fondò Samaria come capitale del regno del Nord dedicando un tempio a Baal (cfr. 1Re 16,29-32) divinità sirofenicia. Eppure, anche lui «Fece ciò che è male agli occhi del Signore, peggio di tutti i suoi predecessori» (16,25). Ma con la salita al trono di Acab, figlio di Omri, questa integrazione cambiò d’aspetto raggiungendo l’apice: Acab sposò Gezabele che era di Tiro-Sidone, città sirofenicia.
Era usanza nell’antichità ogni riconoscimento politico-commerciale, concedendo all’altra parte l’esercizio del culto. Gezabele, infatti, continuò in Israele il culto fenicio circondandosi anche dei “profeti” come strumenti e ministri del culto di Baal. Così venne a crearsi una disgregazione socio-religiosa: nella corte del regno del nord e nei ceti borghesi della città si adorava Baal, tra il popolo, invece, si adorava JHWH.
Questa disgregazione dei valori della vita, anche religiosa, ha creato una situazione di crisi e di morte (cfr. 16,34).
Ma anche Acab «Fece ciò che è male agli occhi del Signore, peggio di tutti i suoi predecessori […] si mise a servire Baal e a prostrarsi davanti a lui. Eresse un altare a Baal nel tempio di Baal, che egli aveva costruito in Samaria. Acab eresse anche un palo sacro e compì ancora altre cose irritando il Signore Dio di Israele, più di tutti i re di Israele suoi predecessori» (16,30-33).
In questa lettura teologica notiamo la fine dello jahwismo, cioè la perdita di identità del popolo di Israele, la fine dell’ideale egualitario e fraterno dell’Alleanza. Ed è qui che entra in scena il profeta Elia rendendosi conto che così non si può andare avanti.
Una cosa che notiamo subito in 17,1 che non viene narrata la vocazione di Elia così come succede per altri personaggi biblici, l’Autore ci dice soltanto che Elia è «uno degli abitanti di Galaad», ed entra in scena esercitando il ministero di profeta annunciando, per la situazione di peccato, un tempo di siccità dalla durata di tre anni.
Quante volte, anche nella nostra vita, prima di parlare di “vocazione” abbiamo vissuto (o viviamo) un periodo di siccità?
In questo annuncio Elia vuole far capire la vita contrapposta alla situazione di morte e di violenza e a tutta la situazione di idolatria nei confronti di JHWH che è il Dio della vita, che si interessa della vita del popolo, a differenza di Acab, nonostante il suo interessamento religioso.
In questi 6 versetti del cap. 17 abbiamo dei simboli che fanno riferimento a Dio: la pioggia e la rugiada.
Questi due simboli vogliono indicare la Parola di Dio (cfr. Dt 32,2; Sir 39,6; Is 55,10-11) che scende come pace e giustizia (Sal 72,5-7). È simbolo dell’amore di Dio (in particolare la rugiada) per Israele (Os 14,6), simbolo dell’amore fraterno (Sal 133,3).
Ma anche Elia è simbolo, parabola della Parola di Dio. Dice il Siracide: «Sorse Elia, profeta, simile al fuoco; la sua parola bruciava come fiaccola» (48,1), cioè, la parola non proviene da lui, ma da Dio, per cui la sua parola è parola di Dio: non parola su Dio ma parola di Dio.
Quindi la siccità annunciata dal profeta indica l’assenza della Parola di Dio, l’assenza dell’amore di Dio. E quando c’è questo tipo di siccità, la nostra vita si muove tra il non senso e la ricerca di senso con una continua disseminazione di “perché” (cfr. Dt 11,16-17; Ez 22,24; Am 4,7). Ciò che denuncia Elia è l’ “atomizzazione” della società.
Si respira nell’aria anche nella nostra società questo fenomeno dove ognuno fa per sé, si rinchiude nel propria caverna e vive la propria vita, generando disgregazione (cfr. Ger 14,1-10).
Elia annunzia la sua lettura teologica della realtà, che coincide con la visione che Dio ha di questa realtà. Perché questa coincidenza?
Il nome di Elia (‘eliyyahu) significa “mio Dio è JHWH”. Infatti, egli è colui che vive di questa presenza, che sta alla «presenza di Dio», ossia ascolta prega e vive la Parola di Dio. Ma il popolo sembra non vivere sotto il primato della Parola di Dio, è confuso, si fa abbindolare dalla prima attrazione o necessità. Ha bisogno di far ritorno alle sorgenti della fede, di farsi nutrire da Dio (vv. 2-6).
Anche in questi versetti abbiamo dei simboli della Parola di Dio: carne, pane, acqua, gli stessi che ebbe il popolo nel deserto (Es 16,8.12).
Saranno i corvi a portare il cibo a Elia, cioè quell’animale impuro (Dt 14,14), non adatto ai sacrifici sull’altare di JHWH e che simboleggia il soggiorno di Elia in terra pagana, fuori di Israele.
In questo tempo particolare Elia deve vivere nel nascondimento, facendo ritorno alle fonti della fede, là dove è nato un popolo libero dalla schiavitù (Giordano-Passaggio-Pasqua).
In questo nascondimento si sente protetto da Dio (cfr. Sal 32,21) e nello stesso tempo sperimenta l’assenza di Dio, il peccato del popolo simboleggiato dal corvo.
Col suo nascondimento, Elia rende visibile la siccità e le sue gravi conseguenze: assenza di valori, di amore fraterno, di solidarietà, presenza di morte.
Anche Gesù, col suo nascondimento di Nazareth sperimenta questa situazione, ma sarà la sua morte a far risorgere il popolo.
Elia ci insegna che in ogni nostra situazione, vi è un suo significato nascosto che spesso non siamo capaci di decifrare. Egli è convinto che la vita e la creazione intera è governata da regole e leggi segrete. Di qui, l’invito a scoprire il senso profondo delle cose. Non basta però scoprirlo.
Ogni conoscenza dell’uomo e del mondo comincia dalla conoscenza di Dio. Infatti, Elia «beveva al torrente» (17,6), cioè presso Dio «che dà la guarigione agli infermi con l’aspersione delle acque» (Pseudo-Ephrem).
Questo non distoglie dalla realtà, ma fa proprio il contrario: nella luce di Dio, l’uomo e il mondo acquistano la loro vera dimensione.
Insieme al profeta, siamo chiamati a coltivare “l’arte di farci domande” per trovare senso alla vita, per scoprire ogni giorno il segreto della felicità e la realizzazione personale.
Il Regno di Dio, dice il profeta, è l’ultima strada percorribile per evitare di correre verso la catastrofe, per trasformare la convivenza umana (anche quella religiosa) in un inno alla vita.

INTERROGARSI1. Il profeta Elia insegna che la vita è un dono. Di quale dono personale vai particolarmente fiero?
2. Anche tu come Elia vivi alla «presenza di Dio» ossia, ascolti preghi e vivi la Parola di Dio?
3. Hai mai pensato che la Parola di Dio inabita anche le tue parole?
4. Da quale realtà ti senti particolarmente interpellato?
- situazioni di ingiustizia e sfruttamento;
- situazioni di paura, di fallimento;
- situazioni di lontananza da Dio;
- situazioni di non senso di fronte alla vita;
- situazioni di non amore;
- situazioni di testimonianza e di donazione gioiosa.
5. Ti senti chiamato nella tua situazione di “siccità” ad essere profeta portando la Parola di Dio a tutti?

PREGHIERASignore, non sono migliore degli altri e mi hai collocato a salvezza degli altri. La mia luce è così tenue che a fatica vedo la strada per me, e devo diventare un segnale per tutti.
Sono anch’io farina del sacco comune, sono un uomo come gli altri e vuoi che la mia debolezza sia forza dei deboli; che la mia povertà sia ricchezza dei poveri; che la mia infermità sia speranza per tutti.
Signore, io non sono migliore degli altri.
Purifica le mie labbra con i carboni ardenti della tua santità e la mia tenebra sarà luce e la mia parola messaggio. Amen.

AZIONE
Prova a metterti davanti a questa Parola ascoltata, falla “bruciare” dentro di te e obbedisci a quanto ti chiede.