venerdì 20 maggio 2011

IL SERVO DI JHWH


invocare
Vieni Spirito Santo, tu che santifichi e dai vita: donaci uno sguardo vigilante che sappia discernere e penetrare le meraviglie compiute da Dio. Vieni Spirito Santo, tu che dai luce all’intimo splendore dell’anima: dissipa ogni ombra nascosta nelle profondità del cuore, rivelaci la bellezza e l’incanto che danno forma alla nostra esistenza. Vieni Spirito Santo, tu che penetri gli abissi e risvegli la vita: infondi in noi tenerezza e fiducia perché scorgiamo un frammento del tuo chiarore sul volto di ogni creatura. Vieni Spirito Santo, tu che accendi lo stupore degli occhi: ravviva i colori della speranza, inonda del tuo fulgore la storia e fai sorgere l’orizzonte atteso che realizza le promesse di pace.


lectio (Is 49,1-6 )
49,1 Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome. 2 Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. 3 Mi ha detto: “Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria”. 4 Io ho risposto: “Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio”. 5 Ora disse il Signore che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele, - poiché ero stato stimato dal Signore e Dio era stato la mia forza - 6 mi disse: “È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti di Israele. Ma io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra”.




Con questo brano del secondo carme del Servo di JHWH, abbiamo una autobiografia nel quale il Servo parla della sua chiamata divina e della sua specifica vocazione-missione. Chi è questo servo?
È fuori dubbio – in tutti i capitoli del Secondo Isaia, che va dal cap 40 al 55 – che il servo è una figura individuale e al contempo è Israele. È molto importante perché anche nel Nuovo Testamento queste due dimensioni sono riprese. Non si contraddicono, una non cancella l’altra. Perché?
Perché il Messia impersona il popolo, pur essendo anche il suo Salvatore, naturalmente. Non è solo la sintesi del popolo, perché lo impersona. Ne è il rappresentante come il re.
Queste due dimensioni sono ambedue presenti. Ed è inutile continuare a litigare per dire “non è il popolo” o “lo è”: è tutte e due senza che questo schiacci o livelli il significato di ciascuna attribuzione.
È chiaro che “servo” è una cosa quando la si attribuisce al popolo e un’altra quando la si attribuisce al Messia. Questo legame profondo tra il Messia e il popolo, però, è fondamentale. E non bisogna perderlo.
Anche in Is 42,1-4 troviamo una presentazione del Servo di JHWH, ma questa volta è fatta da Dio, “l’ha suscitato Lui” (Cfr. Is 41,25). Il Signore dichiara che il suo Servo (‘ebed) che è un eletto (bahîr) e che la sua elezione è stata accompagnata da una particolare effusione dello Spirito «Ecco il mio servo (‘ebedî) che io sostengo, il mio eletto (behîrî) di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito (ruhî) su di lui; egli porterà il diritto (mis¹pat) alle nazioni» (Is 42,1).
L’appellativo eletto (bahîr) appartiene oltre che al Servo di JHWH ad Israele, a tutto il popolo di Dio (Is 41,8-9; 43, 10.20; 44,2; 45, 4; 48, 10), ma con una differenza: il popolo non realizza la sua vocazione, perché cieco e sordo (Is 42,18-19), mentre il Servo sì, riesce ad ascoltare e vedere.
In quest’appellativo possiamo cogliervi l’elezione divina accompagnata dall’effusione dello Spirito (rûah), che fa del Servo un carismatico, un capo del popolo tanto da avvicinarlo alla vita dei profeti.
Questo servo-profeta è presentato da Dio come colui che ha ricevuto il compito di proclamare davanti a Israele e alle nazioni il diritto (mis¹pat) e la divina rivelazione (torah) (Is 42,4), perché sia da tutti osservata (Cfr. Lc 4, 16-21).
Il Servo di JHWH rievocando e riconoscendo la propria chiamata radicata nel suo essere, la identifica con la sua stessa vita: «Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome» (Is 49,1).
In questo versetto vi è racchiusa la vocazione, perché il verbo chiamare in parallelo sinonimico con fare memoria del nome, è un verbo vocazionale che in Is 49,1, conserva quella forza dialogica e dinamica.
Dio chiama (qara’) il suo Servo e fa memoria del suo nome fin dal seno di sua madre. È un passaggio dal non essere all’essere, inizia ad esistere come Servo del Signore (‘ebed JHWH).
In tutto questo il Servo del Signore guarda alla sua vocazione-missione come a qualcosa di costitutivo del suo stesso essere.
Per esprimere questa qualità-verità di servo, il Servo di JHWH utilizza il verbo formare, plasmare, modellare (jasar) (Cfr. Ger. 1,5a): «Ora disse il Signore che mi ha plasmato (josrî) suo servo dal seno materno» (Is 49,5).
In questo versetto il verbo plasmare è importante sia nel contesto della creazione e sia nel contesto della vocazione, perché evidenzia la piena unità nella persona del Servo tra chiamata alla vita, chiamata alla fede e chiamata profetica. Questo significa che Dio ha plasmato fin dal seno di sua madre il suo Servo a vivere una vocazione alla vita e al contempo una vocazione specifica che si identificano e si armonizzano perfettamente nell’unità della sua persona.
Quale è questa missione? Il v. 2 recita così: «2aHa reso la mia bocca come spada affilata, 2bmi ha nascosto all’ombra della sua mano, 2ami ha reso freccia appuntita, 2bmi ha riposto nella sua faretra».
Ho suddiviso il versetto in “a” e “b” per descrivere i concetti espressi nella chiamata divina. Uno relativo alla missione (2a) e uno relativo alla protezione divina (2b).
Ogni chiamata, se ci fate caso, racchiude sempre questi aspetti. Il servo è consapevole di essere per vocazione “bocca” di Dio, ponendosi nella linea di quanti lo hanno preceduto nell’esercizio del ministero profetico della Parola. Ma il servo è colui che si nutre di quanto esce dalla bocca di Dio (Dt 8,3).
Simboli di questo nutrimento sono la spada e la freccia i quali saranno strumento di forza penetrante, capacità di raggiungere i destinatari della sua missione, sia quelli vicini (spada) che quelli lontani (freccia).
Armato della Parola di Dio che Dio ha posto sulla sua bocca, il Servo di JHWH, quale prode guerriero (Cfr. Sal 45,4-6; Gdc 6,12), assolve alla sua missione di portare il diritto e la dottrina a tutte le genti (Is 42, 1.4).
Come bocca del Signore e protetto da Dio, il Servo è destinato ad essere strumento della manifestazione della sua gloria diffondendola:
«Mi ha detto: “Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria”» (v. 3).
Questo cammino di servizio può arrivare al fallimento (Cfr. v. 4), ma non come accadde a Mosé (Es 4,10) o a Geremia (Ger 1,6), ma dalla stessa missione, dalla sua attività profetica.
In tutto questo il profeta è colui che affronta gli ostacoli facendo ricorso a tutta la sua fede, al fine di conservare integra la sua fiducia in Dio.
Dentro questa situazione di fallimento non perde la speranza e continua a lavorare non per risultato o per interessi personali, ma unicamente per restare fedele a Dio e a se stesso (cfr. v. 4).
È un cammino che ci induce a lamentarci col Signore, ma nello stesso momento è un cammino che fa scoprire, passo dopo passo, lo scopo della vita fino ad arrivare a Lui. Questo fa eco alla stessa risposta che Dio da’ al suo Servo reintegrandolo nella sua missione (v. 5).
Al v. 5 viene descritta questa missione con due verbi “ricondurre” o “convertire” (sûb) e il verbo “riunire” o “raccogliere” (‘asaph). Due verbi che possono anche indicare una restaurazione socio-politica, ma qui vogliono più che altro parlare di una restaurazione di ordine spirituale. Infatti, il Servo è Colui che ha ricevuto il mandato di convertire Israele, cioè di farlo tornare al Dio dei padri, dal quale si era allontanato per prostrarsi ad altri idoli (Cfr. Is 44, 21-23).
In questa dimensione spirituale della missione del Servo vi è un cammino di salvezza descritto dal verbo “riunire”. Chi si mette a servizio di JHWH sa benissimo che è chiamato a riunire i figli dispersi, a ricostruire l’unità dei figli intorno a Dio per poter unirli a lui in alleanza. Questo significa che la novità della missione non è limitata ad una cerchia di persone, ma è estesa a tutte le nazioni, così come è descritto dal v. 6.
Infatti se inizialmente la missione del Servo tendeva a far compiere ai superstiti del popolo un nuovo esodo, adesso è costituito luce delle nazioni, quella stessa luce escatologica che per il ministero del Servo del Signore risplenderà sul popolo di Dio e per mezzo dello stesso servo estesa e comunicata a tutti i popoli della terra (Cfr. At 9,15; 22,15).
Di fronte a questa chiamata, che richiede da lui una fedeltà quotidiana alla missione anche a costo della vita (Is 50,6), il Servo rivela quello che possiamo considerare il suo atteggiamento di sempre: «Non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro» (Is 50,5; Cfr. Gv 18,1-11).
Questo atteggiamento, se da una parte evidenzia quella che possiamo considerare la risposta iniziale del Servo alla chiamata di Dio, dall’altra manifesta la sua capacità di comprendere, attraverso l’ascolto assiduo della parola di Dio, il disegno che il Signore ha su di lui e di aderirvi, attualizzando momento per momento il suo “sì” iniziale.

interrogarsi
1. Cosa dice a te la parola “Servo”?
2. Porto paure dentro di me oppure “non oppongo resistenza”?
3. Come nutro il mio sì iniziale per mettermi al servizio del popolo di Dio?
4. La Parola di Dio è il mio primo strumento per capire il disegno che il Signore ha su di me?
5. Quale vocazione alla vita vivo ogni giorno?

preghiera
Signore Gesù, ti ringraziamo per la tua Parola che ci ha fatto capire meglio la volontà del Padre. Fa che il tuo Spirito illumini le nostre azioni e ci comunichi la forza per eseguire quello, che la Tua Parola ci ha mostrato. Fa che noi, sull’esempio di Maria, serva della Parola e tua Madre, possiamo non solo ascoltare ma anche praticare la Parola, Tu che vivi e regni con il Padre nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.

actio
Orientati sulla Parola di Dio per approfondire la coscienza della tua missione cercando forza nella preghiera