venerdì 20 maggio 2011

SUSANNA

invocare
Siamo qui dinanzi a Te, o Spirito Santo: sentiamo il peso delle nostre debolezze, ma siamo tutti riuniti nel tuo nome; vieni a noi, assistici, scendi nei nostri cuori; insegnaci Tu ciò che dobbiamo fare, mostraci Tu il cammino da seguire, compi Tu stesso quanto da noi richiedi.
Sii Tu solo a suggerire e guidare le nostre decisioni, perché Tu solo, con Dio Padre e con il Figlio suo, hai un nome santo e glorioso: non permettere che sia lesa da noi la giustizia, Tu che ami l'ordine e la pace; non ci faccia sviare l'ignoranza, non ci renda parziale l'umana simpatia, non ci influenzino cariche o persone; tienici stretti a Te con il dono della tua grazia, perché siamo una sola cosa in Te e in nulla ci discostiamo dalla verità; fa che, riuniti nel tuo santo nome, sappiamo contemperare bontà e fermezza insieme, così da far tutto in armonia con Te, nell'attesa che per il fedele compimento del dovere ci siano dati in futuro i premi eterni. Amen.

lectio (Dan 13, 28-44)
13,28 Il giorno dopo, tutto il popolo si adunò nella casa di Ioakìm, suo marito e andarono là anche i due anziani pieni di perverse intenzioni per condannare a morte Susanna. 29 Rivolti al popolo dissero: “Si faccia venire Susanna figlia di Chelkìa, moglie di Ioakìm”. Mandarono a chiamarla 30 ed essa venne con i genitori, i figli e tutti i suoi parenti. 31 Susanna era assai delicata d’aspetto e molto bella di forme; 32 aveva il velo e quei perversi ordinarono che le fosse tolto per godere almeno così della sua bellezza. 33 Tutti i suoi familiari e amici piangevano. 34 I due anziani si alzarono in mezzo al popolo e posero le mani sulla sua testa. 35 Essa piangendo alzò gli occhi al cielo, con il cuore pieno di fiducia nel Signore. 36 Gli anziani dissero: “Mentre noi stavamo passeggiando soli nel giardino, è venuta con due ancelle, ha chiuse le porte del giardino e poi ha licenziato le ancelle. 37 Quindi è entrato da lei un giovane che era nascosto, e si è unito a lei. 38 Noi che eravamo in un angolo del giardino, vedendo una tale nefandezza, ci siamo precipitati su di loro e li abbiamo sorpresi insieme. 39 Non abbiamo potuto prendere il giovane perché, più forte di noi, ha aperto la porta ed è fuggito. 40 Abbiamo preso lei e le abbiamo domandato chi era quel giovane, ma lei non ce l’ha voluto dire. Di questo noi siamo testimoni”. 41 La moltitudine prestò loro fede poiché erano anziani e giudici del popolo e la condannò a morte. 42 Allora Susanna ad alta voce esclamò: “Dio eterno, che conosci i segreti, che conosci le cose prima che accadano, 43 tu lo sai che hanno deposto il falso contro di me! Io muoio innocente di quanto essi iniquamente hanno tramato contro di me”. 44 E il Signore ascoltò la sua voce.

Il brano messo alla nostra lectio è preso dal capitolo 13 del libro di Daniele e andrebbe letto dal v. 1 al v. 62.
Il Libro fu scritto in un periodo di crisi del popolo ebraico, al tempo in cui il popolo soffriva persecuzione ed oppressione. Esso racchiude fatti e visioni con parole di incoraggiamento per coloro che professano la sua stessa fede: il Signore abbatterà i tiranni e restaurerà la sovranità del suo popolo.
Come testo letterario, quello che abbiamo letto è un passo deuterocanonico e non fa parte del testo ebraico. Si presenta diverso nella versione dei Settanta e in quella di Teodozione (Di quest’ultimo non conosciamo quasi nulla. Secondo Epifanio nacque nel Ponto [ad Efeso secondo Ireneo] ed era cristiano della setta di Marcione. Conobbe poi il giudaismo e si convertì oppure passò alla setta degli ebioniti [secondo Girolamo]. Studiò la lingua ebraica e tradusse la Bibbia al tempo dell’imperatore Commodo cioè fra il 180 ed il 192. Criticamente, la versione di Teodozione è la più sicura ed è quella che anche liturgicamente leggiamo).
Anche se nel libro di Daniele abbiamo diversi autori o traduttori, quale messaggio vocazionale accogliamo, con l’aiuto di Susanna, nella nostra vita di tutti i giorni?
Di Susanna, il cui nome in ebraico significa “giglio”, si parla solo in questo capitolo del libro di Daniele, quasi a raccontare il passaggio di Dio nella storia di ognuno di noi.
Ebrea, «Di rara bellezza e timorata di Dio» (13,2), abitava in Babilonia col suo sposo Ioakìm, un uomo molto ricco (Cfr. 13,4).
In questa sua storia, vi entrano due anziani che si sono invaghiti di lei e volendole fare violenza, le tesero un tranello. Ma ella si rifiutò di cedere alle loro brame e così fu accusata di adulterio.
Quante volte nella nostra vita ci troviamo circondati, messi «Alle strette da ogni parte» (Cfr. 13,22-23) e sempre ci accompagna la domanda di un perché rivolta al Signore. Il Salmista ci ricorda e ci conforta: «Alle spalle e di fronte mi circondi e poni su di me la tua mano» (Sal 139,5).
In questa situazione drammatica, Gesù ci ricorda che «Il Regno dei cieli soffre violenza» (Mt 11,12), segno della presenza del Regno. È la prova della vita a cui siamo chiamati, è la prova della fiducia da depositare sempre più nel Signore, che ci chiama a “soffrire della stessa violenza di Dio” (Cfr. Ger 20,7) che è un continuo bisogno di conversione (Cfr. Mt 4,7) restando «saldi e irreprensibili» (Cfr. 1Ts 3,13) fino alla fine, anche attraverso la persecuzione (Cfr. Mt 10,22).
Anche Davide, messo alle strette risponde: «Sono in grande angoscia! Ebbene cadiamo nelle mani del Signore, perché la sua misericordia è grande, ma che io non cada nelle mani degli uomini!» (2Sam 24,14).
La lectio sottolinea una fedeltà da accogliere vivere (Cfr. Mt 11,14) per udirne il mistero nascosto (Cfr. Mt 11,25). Questa fedeltà è da vivere non solo per quanto nella vita abbiamo scelto o intrapreso, ma soprattutto nel Signore perché tutto passi attraverso Lui.
Susanna, poiché vuol rimanere fedele al Signore, sceglie di essere fedele al marito, anche a rischio della propria vita. Sceglie di mostrare «Zelo per la legge e dare la propria vita per l’alleanza dei nostri padri» (1Mac 2,50) che significa per noi entrare nel vangelo della grazia e della libertà, sapendo che Dio «restituirà di nuovo la speranza e la vita» (2Mac 7,23), sapendo che «È dal cielo che viene l’aiuto» (1Mac 3,19).
La Parola di Dio è sicurezza nella vita di Susanna in qualsiasi decisione che ella prende, poiché così dice Dio: «Io, il Signore, scruto la mente e saggio i cuori, per rendere a ciascuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni» (Ger 17,10).
Questa donna diviene testimone credibile del fatto che «Il Signore è fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi» (Sal 146,6-7), però ognuno di noi sa «Se manchiamo di fede, egli però rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso» (2Tm 2,13).
Ma cosa significa essere fedele a Dio? Significa ricevere la vocazione di «servo». Significa non ragionare più con la propria testa, per cingersi le vesti del Cristo (Gal 3,27). Una veste che conduce alla morte innocente, secondo il pensiero del Salmista: «Si avventano insieme contro l'anima del giusto e condannano il sangue innocente» (Sal 94,21). Sant’Atanasio e Sant’Agostino accostano il verdetto ingiusto contro Susanna al processo intentato a Gesù Cristo e al giudizio di Pilato.
In questo cammino sofferente la volontà di Dio è la propria e ciò che non capisce, lo accoglie e medita dentro di sé (Cfr. Lc 2,19.51). È un continuo crescere nella fedeltà a Dio, un abbandonarsi totalmente a lui. Chi ne fa esperienza “Corre per la via dei comandamenti del Signore” (Sal 118,32), per testimoniare a tutti la stessa Legge di grazia e di libertà che si concretizza e si personalizza nel dono dello Spirito Santo che Cristo ha effuso «senza misura» (Gv 3,34).
Correre per i sentieri dei Comandamenti è il grido di una persona che conosce per esperienza la gioia della fedeltà perseverante alla legge di Dio. Essa dilata il cuore. Respira a pieni polmoni l’aria pura della vera libertà per i sentieri della vita: in salita, stretti, ardui, ma tracciati dalla Parola di Dio, perché è Dio che «insegna a Efraim a camminare» e che «solleva il bimbo per dargli da mangiare» (Os 11,3-4).
In quest’esperienza vi è fondamentalmente un fatto di sottomissione a Dio. Un restare soggetti che si concretizza nell’obbedienza alla Parola, ove “obbedire” significa “ascoltare la voce ponendosi sotto”. Il paradosso dell’esperienza cristiana, sta proprio in una sottomissione concepita come evento di liberazione e di fruttificazione. Come la terra produce il suo frutto non rifiutandosi all’acqua e al suolo, così la creatura che non si pone a lato (= disobbedienza) della Parola inviata da Dio viene sottratta alla molteplicità degli idoli e dischiusa ai frutti dello Spirito. In fondo, la sottomissione è una legge fondamentale della vita cristiana. È un salire il monte insieme al Cristo che porta la Croce e ridiscendere senza di lui perché irradiati dalla luce gloriosa del Crocifisso.
Susanna ricorda agli anziani e a quanti oggi si comportano come loro: «Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomo corregge il figlio, così il Signore corregge te. Osserva dunque i comandamenti del Signore tuo Dio» (Dt 8,5-6).
Chiediamoci dunque: che cosa impedisce alla nostra vita di comprendere il valore della Parola del Signore? Che cosa ci impedisce di mettere fiducia in Lui? «Hai dimenticato Dio che ti ha procreato!» (Dt 32,18)
Quello che ci rende difficile accettare la Parola del Signore è la profondità di conversione e di cambiamento che ci viene richiesto.
Per capire nel profondo di noi stessi la Parola, è necessario cambiare vita, dare al Signore il cento dei nostri pensieri e delle nostre forze. Questo è il primo grande ostacolo che bisogna superare: la tentazione di difendere la vita che noi costruiamo intorno a noi stessi, invece di accettare una vita costruita sulla Parola del Signore.
Nell’accogliere la Parola dobbiamo sentirne il peso fisico, perché la Parola scombina sempre i nostri piani, ma solo alla luce della gioia, della scoperta di una cosa bella può entrare nella nostra ferialità.
È l’esperienza di Susanna che vive la sua vita con fede facendo agire Dio e la sua opera di redenzione e non in coloro, che nonostante erano i Giudici del popolo, spegnevano il desiderio in gola, che mettevano i loro paletti, che credevano di possedere Dio.
In tutto questo c’è Qualcuno che ci insegna a mettere tutto nelle mani di Dio e a saperlo gridare: “l’abbiamo visto!” (Gv 20,25). Abbiamo visto lo stesso Signore che ogni giorno ci chiama ad aver uno sguardo, un sorriso, una speranza e una gioia incontenibile: a vivere quell’appartenenza a Dio.
Appartenere a Dio è l’incontro con il Signore, è un continuo ascolto reciproco tra Lui e noi, perché lui vuol far festa (Cfr. Dan 13,63), perché la Parola ascoltata deve arrivare oltre ogni confine. È un cammino fatto nella gioia a pieni orizzonti che ci libera da ogni azione di male.
Incontrare il Signore nelle strade dell’amore, dove l’Amore stesso vuole condurci significa che anche noi possiamo accogliere lo sfiduciato e depositare nel suo cuore, con quella stessa fiducia che abbiamo ricevuto, lo stesso amore che Dio continuamente riversa su di noi.

interrogarsi
1. Che cosa impedisce alla mia vita di comprendere il valore della Parola del Signore? Che cosa mi impedisce di mettere fiducia in Lui?
2. Sull’esempio di Susanna, come vivo la fedeltà a Dio e al popolo?
3. Nello spazio della mia vita prima o poi si impone una chiarificazione netta della vita. Che cosa vale veramente? Per che cosa sono disposto a perdere tutto?
4. Riconosco di appartenere a Dio che continuamente effonde su di me senza misura il dono dello Spirito Santo, per viverlo e farlo vivere?

preghiera
Vita della mia vita, sempre cercherò di conservare puro il mio corpo, sapendo che la tua carezza vivente mi sfiora tutte le membra. Sempre cercherò di allontanare ogni falsità dai miei pensieri, sapendo che tu sei la verità che nella mente mi ha accesa la luce della ragione. Sempre cercherò di scacciare ogni malvagità dal mio cuore e di farvi fiorire l’amore, sapendo che ha la tua dimora nel più profondo del cuore. E sempre cercherò nelle mie azioni di rivelare te, sapendo che è il tuo potere che mi dà la forza di agire (R. Tagore).

actio
Per la vita di ogni giorno lasciatevi accompagnare dalle parole del profeta Isaia: «Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna» (Is 26,4).