venerdì 20 maggio 2011

SALOMONE

invocare
Vieni, Spirito di verità, luce delle tenebre, ricchezza dei poveri consolazione dei peregrini! Deh, vieni, tu, refrigerio, sollazzo e nutrimento dell'anima nostra!
Deh, vieni e togli tutto quello che è in me di mio e infondi in me solo quello che è Tuo! Deh, vieni, tu che sei nutrimento d'ogni casto pensiero, circulo di ogni clementia e cumulo d'ogni purità!
Deh, vieni e consuma in me tutto quello che è cagione che io non posso esser consumato da te! Deh, vieni, o Spirito [Consolatore], che sei sempre col Padre e con lo Sposo Cristo Gesù» (Santa Maria Maddalena De’ Pazzi)


lectio (1Re 3,3-15)
3, [3] Salomone amava il Signore e nella sua condotta seguiva i principi di Davide suo padre; solamente offriva sacrifici e bruciava incenso sulle alture.
[4] Il re andò a Gàbaon per offrirvi sacrifici perché ivi sorgeva la più grande altura. Su quell'altare Salomone offrì mille olocausti. [5] In Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte e gli disse: "Chiedimi ciò che io devo concederti". [6] Salomone disse: "Tu hai trattato il tuo servo Davide mio padre con grande benevolenza, perché egli aveva camminato davanti a te con fedeltà, con giustizia e con cuore retto verso di te. Tu gli hai conservato questa grande benevolenza e gli hai dato un figlio che sedesse sul suo trono, come avviene oggi. [7] Ora, Signore mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide mio padre. Ebbene io sono un ragazzo; non so come regolarmi. [8] Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che ti sei scelto, popolo così numeroso che non si può calcolare né contare. [9] Concedi al tuo servo un cuore docile perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male, perché chi potrebbe governare questo tuo popolo così numeroso?". [10] Al Signore piacque che Salomone avesse domandato la saggezza nel governare. [11] Dio gli disse: "Perché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te né una lunga vita, né la ricchezza, né la morte dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento per ascoltare le cause, [12] ecco faccio come tu hai detto. Ecco, ti concedo un cuore saggio e intelligente: come te non ci fu alcuno prima di te né sorgerà dopo di te. [13] Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria come nessun re ebbe mai. [14] Se poi camminerai nelle mie vie osservando i miei decreti e i miei comandi, come ha fatto Davide tuo padre, prolungherò anche la tua vita". [15] Salomone si svegliò; ecco, era stato un sogno. Andò in Gerusalemme; davanti all'arca dell'alleanza del Signore offrì olocausti, compì sacrifici di comunione e diede un banchetto per tutti i suoi servi.


Salomone, figlio di Betsabea e di Davide. Egli nasce da un’unione peccaminosa ma riscattata dal pentimento e dalla misericordia di Dio (cfr. 2Sam 12,24).
Il nome di Salomone ha la stessa radice del termine ebraico “shalom”, termine da uno spessore molto profondo per tradurlo nella forma tradizionale con pace. Infatti nello shalom non è inclusa la pace ma una grande benedizione, come il benessere (Gn 37,14), la prosperità (Is 66,12), il favore, l’amore (Ct 8,10), l’onestà, la rispettabilità (Is, 59,8), la prosperità e sicurezza del diritto (Is 32,17 s.), un bene (Gn 41,16; Ger 29,7).
Salomone regno 40 anni (970-930 a.C.). Egli è un giovane di una bontà immensa e di un cuore buono, largo e spazioso. Per la grande responsabilità ricevuta, si rivolge a Dio chiedendo solo sapienza, cuore docile. Troviamo la sua storia in 1Re 2-11 e in 2Cr 1-9.
La sua storia esperienziale si chiude male, però contiene un insegnamento. Ogni esperienza bisogna iniziarla bene e non solo: viverla con perseveranza. Salomone è partito bene ma lungo la strada si è smarrito nello sfarzo tanto fu costretto a mettere più tasse.
Il suo sincronismo religioso lo fece deviare conducendolo all’idolatria. Facendo così mandò in rovina la Casa di Davide e fallisce.
In questo fallimento Dio ricostruisce il casato davidico incarnandosi e divenendo “Figlio di Davide”. I Vangeli unanimemente trasmettono la notizia che il Messia è figlio di Davide. Sono principalmente i Vangeli di Matteo e Luca a fornirci la notizia della discendenza davidica di Gesù (cfr. Mt 1,20; 9,27; 12,23; 15,22; 20,30.31; 21,9.15; Lc 1,69; 18,39; 20,41.42), ma anche altri testi lo confermano (Mc 10,47.48; Rm 1,4; 2Tim 2,8).

Il brano proposto alla riflessione, descrive in pochissime parole il rapporto che aveva quest’uomo con Dio (cfr. v. 3), tanto che il profeta Natan lo chiama Iedidia, che in ebraico significa “prediletto del Signore” (2Sam 12,25), una predilezione che nel NT, ogni discepolo di Cristo Gesù, sarà il “prediletto del Signore” ad immagine dell’Unigenito Figlio.
Nel vangelo di Giovanni, l’espressione compare sei volte: Gv 13,23; 19,26; 20,2; 21,7.20.24. In Giovanni il “prediletto del Signore” o “il discepolo amato” si vuole tipizzare il ritratto del discepolo ideale, perciò l’espressione assume un valore simbolico. Scriveva il teologo Max Thurian: «Egli è la personificazione del discepolo perfetto, del vero fedele di Cristo, del credente che ha ricevuto lo Spirito».
Salomone è ricordato nella tradizione biblica come il re, per eccellenza, ripieno di saggezza divina da lui stesso richiesta (cfr. v. 9).

Chi è il sapiente secondo la cultura biblica?
Salomone è considerato il fondatore della lettura sapienziale. Egli chiede il dono della sapienza per governare Israele e Dio gli concede un cuore saggio.
La saggezza di cui Salomone è la figura esemplare è quella forma di conoscenza che non inerisce all’intelligenza ma al cuore: «concedi al tuo servo un cuore docile» (v. 9) il cui fine o senso riguarda l’ordine della giustizia: «perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male» (v. 9). Salomone chiede una interiorità, un discernimento, una profonda motivazione, una fonte di decisioni, capacità di imparare e insegnare, capacità di farsi condurre e di condurre, capacità di ascoltare e di rispondere, perché l’uomo abbia il suo giusto posto, secondo il cuore di Dio.
L’atteggiamento di Salomone fa riportare alla mente quella preghiera attribuita a Mosè e ripeterla spesso: «Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore» (Sal 90,12. Cfr. Gen 2-3 e Dt 32). Il Salmo 90 è una meditazione di una comunità dove trova nel Signore rifugio stabile ed eterno. A partire dall’esperienza del dolore, la comunità medita sulla caducità umana e sulla realtà della morte.
Per questo il salmista chiede di conquistare la “sapienza del cuore” che aiuta a discernere il cammino e a percorrerlo secondo la volontà di Dio.
Di tutto questo l’orante è certo perché insiste da sempre su questo motivo: «Rivelami, Signore, la mia fine; quale sia la misura dei miei giorni e saprò quanto è breve la mia vita» (Sal 39,5).
Non è una richiesta di conoscere quando è il giorno della nostra morte, ma di imparare a vivere con sapienza, coscienti di dare a questa vita la dignità perduta, di renderla ogni giorno degna agli occhi di Dio e del popolo, così come mostrano coscientemente i successivi vv. 6-7 del Salmo: «Vedi, in pochi palmi hai misurato i miei giorni e la mia esistenza davanti a te è un nulla. Solo un soffio è ogni uomo che vive, come ombra è l'uomo che passa; solo un soffio che si agita, accumula ricchezze e non sa chi le raccolga».
Dalle parole del Salmista è importante riconoscere il cuore anelante, non solo quello nostro, ma di tutti. Il cuore dell’uomo, ricordiamolo, è sempre assetato, perché è sempre alla ricerca. Questa continua sete, sant’Agostino la definiva “cuore irrequieto” (Confessioni, 1,1,1). Ogni esperienza spirituale è un invito a “mantenere vive l’inquietudine della ricerca spirituale, l’inquietudine dell’incontro con Dio e l’inquietudine dell’amore” (Papa Francesco). Poiché la ricerca spirituale e l’incontro del Signore portano ad un cammino che per quanto sia difficile e faticoso, non può scoraggiarci. L’inquietudine dell’amore invece ci deve spingere “ad andare incontro all’altro, senza aspettare che sia l’altro a manifestare il suo bisogno”.
Si chiedeva il poeta francese Paul Valéry nella sua lirica “Disegno di un serpente”: «Esiste un cuore così duro da non potervi seminare un sogno?».
La Bibbia descrive questo sogno dell’uomo nel “cuore”, cioè in quello spazio della relazione dove l’io si apre all’altro non per prenderlo e comprenderlo, ma per accoglierlo e servirlo, come una madre che, nel suo grembo accoglie la vita e si consacra al mistero del suo sviluppo e della sua nascita: «Così agirà chi teme il Signore; chi è fedele alla legge otterrà anche la sapienza. Essa gli andrà incontro come una madre, l'accoglierà come una vergine sposa; lo nutrirà con il pane dell'intelligenza, e l'acqua della sapienza gli darà da bere» (Sir 15,1-3).
Infatti, è proprio in questo sogno che Salomone chiede il “cuore docile”, un “cuore giusto e buono” che non domanda per sé, ma per l’altro e la cui occupazione non è il desiderio dell’io da realizzare bensì il bisogno dell’altro da ascoltare: «hai domandato per te di amministrare la giustizia» (v. 11). In ebraico suona diversamente: «hai domandato per te l’intelligenza per ascoltare il diritto».
La Sapienza che va richiesta al Signore è credere che la cosa più importante della vita non è ampliare e realizzare lo spazio dell’io desiderante, ma metterlo in crisi e convertirlo in amore e responsabilità per l’altro.
In questo desiderio Dio è presente e compiacente dando fioritura al principio della bontà e della giustizia: «Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria» (v. 13).
Salomone è colui che ha colto la sorgente che zampilla nella sua vita. Codesta sorgente è in ciascuno di noi, e non viene da fuori, perché «Il regno di Dio è in voi» (Lc 17,21). Anche la donna che aveva perduto la sua dracma non la ritrovò fuori casa, ma dentro la casa (Lc 15,8-10).
La Sapienza è un continuo “accendere la lampada” e “spazzare la casa” per ritrovare se stessi dove vi è l’immagine di Dio, quella stessa immagine posta fin dal principio (Cfr. Gen 1,26). Salomone fa’ risplendere dentro se stesso questa immagine di Dio da poter contagiare tutto e tutti (Cfr. 1Re 5).

Il “prediletto del Signore” sarà colui che fa risplendere in se stesso e negli altri «l’immagine dell’uomo celeste», il Figlio di Dio e dal suo seno sgorgherà per tutti, fiumi d’acqua viva (Gv 7,38).

interrogarsi
1. Quale sogno responsabile mi porto dentro?
2. In cosa consiste il “cuore docile” che Salomone invoca da Dio?
3. Come faccio risplendere l’immagine di Dio che è in me?
4. Quale saggezza vado coltivando: quella egoistica o una saggezza responsabile per l’altro?

preghiera
Cerco… sogno… desidero… voglio…
Ogni giorno, Signore, il mio volere sempre più… vuole.
Ma al mio cuore tutto questo non basta
e resta sempre più vuoto.
Ti prego, Signore, concedimi un cuore intelligente e saggio che sappia riconoscere il volto dell’altro. Amen.

actio
Ogni giorno medita la Parola, “accendi la lampada” e “spazza la casa” per ritrovare te stesso dove vi è l’immagine di Dio, facendola risplendere nel volto dell’altro.