venerdì 20 maggio 2011

SAMUELE

Invocare
Vento impetuoso e libero,
Spirito d’Amore e di novità,
scuotimi dalle mie comodità,
dai miei gesti di egoismo.

Soffio dell’amore di Dio,
Spirito Santo, mandaci
un raggio della tua luce.

Soffia come e quando vuoi
Su di noi, e infondici una vita nuova.
Facci rinascere rinnovati
dal tuo grande amore per noi.



Così, a poco a poco
anche noi diventeremo
più buoni e più amici di Gesù. Amen.

lectio (1Sam 3,1-10)
[1] Il giovane Samuele continuava a servire il Signore sotto la guida di Eli. La parola del Signore era rara in quei giorni, le visioni non erano frequenti. [2] In quel tempo Eli stava riposando in casa, perché i suoi occhi cominciavano a indebolirsi e non riusciva più a vedere. [3] La lampada di Dio non era ancora spenta e Samuele era coricato nel tempio del Signore, dove si trovava l'arca di Dio. [4] Allora il Signore chiamò: "Samuele!" e quegli rispose: "Eccomi", [5] poi corse da Eli e gli disse: "Mi hai chiamato, eccomi!". Egli rispose: "Non ti ho chiamato, torna a dormire!". Tornò e si mise a dormire. [6] Ma il Signore chiamò di nuovo: "Samuele!" e Samuele, alzatosi, corse da Eli dicendo: "Mi hai chiamato, eccomi!". Ma quegli rispose di nuovo: "Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!". [7] In realtà Samuele fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. [8] Il Signore tornò a chiamare: "Samuele!" per la terza volta; questi si alzò ancora e corse da Eli dicendo: "Mi hai chiamato, eccomi!". Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovinetto. [9] Eli disse a Samuele: "Vattene a dormire e, se ti si chiamerà ancora, dirai: Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta". Samuele andò a coricarsi al suo posto.
[10] Venne il Signore, stette di nuovo accanto a lui e lo chiamò ancora come le altre volte: "Samuele, Samuele!". Samuele rispose subito: "Parla, perché il tuo servo ti ascolta".



Samuele, secondo l’etimologia ebraica Semu’el significa: il “nome di Dio”, in altre parole “il suo nome è El”.
Per rifarci a questo, il Testo sacro ci rimanda a 1,20 quando Anna, madre di Samuele domandò al Signore di avere un figlio.
Il verbo che gioca in queste parole è sa’al (domandò), da cui viene il nome Sa’ul (domandato) (cfr. 1Sam 1,28).
Samuele ci appare nell’Antico Testamento come figura poliedrica: sacerdote, profeta e giudice. Vive un momento di transizione ed è incaricato di gestirlo come protagonista. Anche la sua chiamata al ministero profetico avviene in un momento preciso della storia del popolo.
Proviamo ad aprire la porta della Parola per leggere la situazione di allora per noi oggi.
«La parola del Signore era rara in quei giorni, le visioni non erano frequenti. In quel tempo Eli stava riposando in casa, perché i suoi occhi cominciavano a indebolirsi e non riusciva più a vedere» (vv. 1-2).
Questi versetti, ci presentano il frutto di un momento di crisi, di una storia triste, infeconda dal punto di vista della fede. C’è una incapacità di Eli a resistere alle forze disgregatrici che devastano la sua famiglia gettandola nell’incredulità e nella morte (1Sam 2,12-17); inoltre è incapace di mantenere i suoi figli nella fedeltà all’Alleanza (1Sam 2,22-30).
A questa triste storia di peccato, di disordine della vita interiore spirituale, può far da contrasto un’altra storia, quella di Elkana, Anna e Samuele (cfr. 1Sam 1,9-20; 2,1-10), dove questa donna retta, fedele all’Alleanza, riceve la vita mentre Eli, incapace di mantenere la propria famiglia nell’Alleanza di JHWH, riceve la morte.
In questo contrasto abbiamo il giovane Samuele che serve il Signore (2,11), cresce in statura e grazia (1Sam 2,26; cfr. Lc 2,52) a differenza dei figli di Eli, che non conoscono il Signore e crescono nella malizia e disprezzo di Dio (2,12).
Questi sono i segni di speranza in questa triste storia dell’Alleanza tradita; sono i segni positivi che si intrecciano con quelli negativi. Ma questa storia, oltre a definirla “triste”, nello stesso tempo è una storia di speranza. Perché?
Dice la Parola: «La lampada di Dio non era ancora spenta» (v. 3). Questa frase la troviamo subito dopo aver detto che la Parola era “rara” e le visioni non erano “frequenti”.
In questa “rarità e frequenza” troviamo il filo di speranza, racchiuso nella lampada di Dio ancora accesa che vuole indicare la notte, un’ora propizia per la rivelazione, perché in quel momento della notte cessa il rumore delle cose, riposano i sensi del corpo e si ridestano quelli dell’anima.
In questa storia buia, abbiamo ancora un po’ di luce. In questa notte qualcosa ancora brilla, qualcuno veglia, tanto quanto basta perché Dio svegli il sonno di Eli e di Samuele.
Anche noi abbiamo una storia triste, buia; anche in noi vive quel disordine spirituale che anche per noi la Parola è “rara” e le “visioni non sono frequenti”, che sentiamo preziosa la Parola di Dio, perché alimento alla nostra vita, ci conforta, ci guida, ci da’ vita. Dice il salmista: «Lampada ai miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino» (Sal 119,105. Cfr. anche 119,107.130).
In questa luce della Parola, Samuele scopre di essere chiamato dal Signore. Nei vv. 4-8, abbiamo l’azione di Dio che chiama, ma Samuele, pur vivendo al Tempio, non sa riconoscere la voce di Dio, la confonde con le altre a lui più familiari.
Per tre volte Dio chiama. È la fatica di Dio per svegliare il giovane dal sonno, la fatica di tirarlo fuori della notte, perché non aveva una esperienza matura, piena, intensa di Dio.
Egli qui le fa da mediatore, lo aiuta nel discernere la sua voce, la sua Parola, lo aiuta a discernere la voce familiare dalla voce di Dio (vv. 8-9).
Grazie a questo discernimento che Samuele è consapevole che è Dio a chiamarlo; riconosce infatti la Parola del Signore e come un bambino, si affida ad essa, non si tira indietro (v. 10).
Nella vocazione di Samuele ognuno dal più giovane al più anziano può scoprire la sua vocazione, anche se non tutti corrispondiamo a questa chiamata, non tutti siamo sempre pronti. Dio intanto chiama, bussa sempre, senza sosta.
Il cristiano è l’uomo in continua ricerca, sempre in ascolto della Parola di Dio che lo chiama e via via gli rivela il grande mistero, sempre cosciente di avere conosciuto soltanto una piccola parte dell’infinito dono di Dio e quindi di non aver colto se non un inizio del disegno divino che «zampilla fino all’eternità» (cfr. Gv 4,14).
In questo scenario ognuno può scoprire il gusto di intrattenersi con Dio e viceversa, “far riprendere a Dio il gusto a parlare con ciascuno di noi” per anche noi possiamo comunicare e portare a tutti i cuori Dio.

interrogarsi
1. Quale “voce” nella mia vita che mi fa camminare verso Dio?
2. Qual’è la mia fatica nell’ascolto della Parola del Signore?
3. Nella mia vita c’è un segno di speranza o continuo a chiudermi “nell’ombra della morte”?
4. Riesco anch’io ad essere mediatore tra Dio e la gente come il sacerdote Eli?

preghiera
«Indicami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la seguirò sino alla fine.
Dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge
e la custodisca con tutto il cuore.
Dirigimi sul sentiero dei tuoi comandi,
perché in esso è la mia gioia.
Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti
e non verso la sete del guadagno.
Distogli i miei occhi dalle cose vane,
fammi vivere sulla tua via.
Con il tuo servo sii fedele alla parola
che hai data, perché ti si tema» (Sal 119,33-38).

actio
Spesso le nostre giornate sono piene di quelle mille “voci” che soffocano la voce più importante. Proviamo a metterle a fuoco facendo il proposito di rinunciarci almeno un poco, per dare spazio alla voce del Signore.