sabato 21 maggio 2011

ANNA, la profetessa

Invocare
O Dio, nostro Creatore e Padre, tu hai voluto che il tuo Figlio, generato prima dell’aurora del mondo, divenisse in tutto simile a noi incarnandosi nel seno della Vergine Maria per opera dello Spirito Santo. Manda su di noi il medesimo Spirito vivificatore, perché possiamo diventare sempre più docili alla sua azione santificatrice, docilmente lasciandoci trasformare dallo stesso Spirito nell’immagine e somiglianza di Gesù Cristo tuo Figlio, nostro fratello, salvatore e redentore.

Leggere (Lc 2,36-38)
2, [36] C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, [37] era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. [38] Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.


Nel vangelo di Luca tra i personaggi che sono ricordati attorno al racconto sulla nascita di Gesù Cristo, vi è Anna, una profetessa figlia di Fanuele, della tribù di Aser. L’Evangelista ci offre pochi dati biografici su questa donna ma sufficienti per individuare alcuni aspetti utili per la nostra vita. Ella come Simeone, “Aspettava il conforto di Israele” (Lc 2,24). Il suo sopraggiungere “in quel momento” (v. 38) quando i genitori portarono al Tempio Gesù “per offrirlo al Signore” (Lc 2,22) non fu casuale.
Fermiamoci un attimo e chiediamoci: chi è questa donna per me, per noi? L’ottantaquattrenne Anna, assieme a Simeone cui lo Spirito “aveva preannunziato che non avrebbe visto il Messia del Signore” (Lc 2,26), rappresentano quella parte d’Israele secondo la carne: stanca per il lungo attendere, carica di anni e di esperienza ma sveglia e attenta, pronta a cogliere i segni di Dio e a rallegrarsi per le sue gesta. Anche in noi, spesso, si nota la stanchezza dell’attesa che ci allontana dalla speranza.
Il v. 36 la presenta come una profetessa. Non è la prima donna che sentiamo chiamare col termine “profetessa” (vedi Maria sorella d’Aronne: Es 15,20; Debora: Gdc 4,4; Culda: 2Re 22,14). Ciò non significa che Anna era necessariamente una profetessa, nel senso che “parlava in nome di Dio”, piuttosto una donna consacrata a Dio e interprete dei suoi comandi: particolarmente dedicata al Signore tanto da diventarne portavoce, e a lei, il popolo si rivolgeva per ricevere parole di conforto, di saggezza, di consiglio. Nel dubbio, nell’insicurezza, nella disperazione, uomini, donne e bambini, sapevano di trovarla là, nel tempio, ad accoglierli.
Sapevano che lei avrebbe sempre avuto tempo per loro, per ascoltarli e per comunicare loro la Parola del Signore. Non era un sacerdote sempre indaffarato con le cerimonie del tempio, non era il tipico profeta che arringava folle anonime, non era l’intellettuale maestro della legge che, davanti alla sua classe, faceva erudite disquisizioni. Era soltanto una piccola donna, molto anziana, apprezzata perché particolarmente vicina a Dio. La gente sapeva di poterla trovare lì, nel luogo del culto, perché lei, ogni giorno, da tantissimo tempo, si recava per pregare.
Di questo personaggio è interessante un lato del suo carattere: la fedeltà. Anna, “Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere” (v.37). Probabilmente era tra il numero di quelle donne che “nei tempi stabiliti venivano a prestare servizio all’ingresso della tenda del convegno” (Es 38,8; cfr. 1Sam 2,22).
Anna è la donna della fedeltà. La fedeltà è uno di quei valori di cui oggi poco si parla e poco si pratica. La fedeltà, però, è uno dei principali tratti del carattere di Dio (cfr. Dt 7,9; Sal 146,6; Sap 15,1; 1Ts 5,4; Eb 10,23; 1Gv 1,9).
In questa concretezza e soprattutto in questa piena fiducia in Dio, il Signore ha ascoltato la sua preghiera, l’ha condotta al tempio al momento giusto, e così “si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme” (v. 38).
Anna è la donna che parla del bambino a quanti “erano in attesa” (cfr. Lc 3,15), e realizza le parole del Signore che lo stesso profeta Isaia disse: “Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù, è stata scontata la sua iniquità […] Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme” (Is 40,2; 52,9).
Luca di Anna dice ancora che “aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova” (vv. 36-37), quindi era vedova e non si allontanava mai dal tempio (v. 37).
Chi è la vedova? La Sacra Scrittura ne presenta molte tratteggiandone i lineamenti ideali. La vedova è colei che si è “cinta i fianchi di sacco e portava le vesti di vedova. Da quando era rimasta vedova digiunava tutti i giorni … temeva molto Dio” (Gdt 8,5-6.8), e lo serviva notte e giorno.
Il suo servire Dio notte e giorno trova concreta espressione nelle parole del Salmista: “Non mi respingere nel tempo della vecchiaia, non abbandonarmi quando declinano le forze… E ora nella vecchiaia e nella canizie, Dio, non abbandonarmi finché io annunzi la tua potenza, a tutte le generazioni le tue meraviglie” (Sal 7,9.18).
Molte vicissitudini nella vita di questa donna, tanto da potersi domandare: dov’era la fedeltà di Dio nei suoi confronti? Che delusione sarebbe stata per altre come lei quella perdita, dopo che Dio promette al Suo popolo ogni bene! Come avrebbe dovuto reagire a questo fatto? Prendendosela magari con Dio, arrabbiandosi con Lui?
Le sarebbe mancato sostegno economico, la compagnia, qualcuno con cui parlare, con cui lavorare, qualcuno che la sostenesse… La società in cui viveva Anna, nonostante le prescrizioni del Signore, era ostile alle vedove.
“Perché vivere ancora? Che scopo ha la mia vita?”. Anna, però, non se la prende con Dio. Dio l’avrebbe accolta, dandole Egli stesso rifugio e proposito per la sua vita, quello scopo che nemmeno prima avrebbe supposto d’avere.
Lei sapeva che avrebbe potuto trovare rifugio presso Dio: “Difensore delle vedove è Dio nella sua santa dimora” (Sal 68,6). Anna aveva fatto personale esperienza di quanto diceva il Salmo 84, che certamente bene conosceva: “Oh, quanto amabili sono le tue dimore, o Eterno degli eserciti! L'anima mia anela e si strugge per i cortili dell'Eterno; il mio cuore e la mia carne mandano grida di gioia al Dio vivente. Anche il passero trova una casa e la rondine un nido, dove posare i suoi piccoli presso i tuoi altari, o Eterno degli eserciti, mio Re e mio Dio. Beati coloro che abitano nella tua casa e ti lodano del continuo. Beati quelli che ripongono la loro forza in te e che hanno in cuore le tue vie!” (Sal 84,1-5).
Che cosa avrebbe fatto Anna nel tempio giorno dopo giorno? Anna conosceva la Bibbia. Sapeva che in Dt 10,18 c’è scritto che Dio “fa giustizia all'orfano e alla vedova, che ama lo straniero dandogli pane e vestito”. Conosceva l’eco di Davide alla rivelazione di Dio su Sé stesso dov’è scritto: “Padre degli orfani e difensore delle vedove è Dio nella sua santa dimora” (Sal 68,5), come pure: “Il Signore protegge i forestieri, soccorre l'orfano e la vedova ma sovverte la via degli empi” (Sal 146,9).
Nella sua solitudine questa vedova si aggrappa alle promesse di Dio e lavora su queste promesse. Anna sapeva dov’è la “santa dimora” di Dio. La casa dove dimorava con suo marito era vuota, non era più una casa, e qualcuno avrebbe molto probabilmente magari aspirato a portargliela via. Colui che era stato chiamato a proteggerla era morto, ma sapeva di avere però “Colui che protegge” per eccellenza, e così trova casa nel tempio stesso. Luca dice che “non si allontanava mai dal tempio”. Ora il Signore Dio diventa il punto focale della sua vita.
Nel tempio, però, lei non avrebbe pianto e ricordato solo “i bei tempi andati”, né si sarebbe semplicemente rallegrata godendo di questo nuovo suo rifugio, ma si sarebbe impegnata in una vita di servizio, “servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere”.
La combinazione “digiuni e preghiere” suona straniera alle nostre orecchie. Non è nostra abitudine darci a digiuni e preghiere… ma il fedele Israele sapeva dalla Parola di Dio che cosa Egli richiedesse loro.
Quando la gente giunge nel tempio per pregare ed il sacerdote entra nel Santissimo per offrire incenso sull’altare d’oro, Anna si impegna, con digiuni e preghiere, ad invocare il Dio di Israele affinché Egli abbia misericordia di un popolo che solo meriterebbe un giudizio di condanna. Come dice l’apostolo Giacomo, “pregate gli uni per gli altri, affinché siate guariti; molto può la preghiera del giusto, fatta con efficacia” (Gc 5,16).
È questa preghiera che ha fatto di Anna una profetessa. Non ha importanza se ha ricevuto o meno la chiamata o il riconoscimento ufficiale, il fatto sta che in questa vedova dimorava lo Spirito del Cristo che viene, come dice l’apostolo Pietro: “cercando di conoscere il tempo e le circostanze che erano indicate dallo Spirito di Cristo che era in loro, e che attestava anticipatamente delle sofferenze che sarebbero toccate a Cristo e delle glorie che le avrebbero seguite” (1 Pt 1,11).
Anna conosceva il suo Dio, conosceva i bisogni del popolo di Dio e questo era abbastanza per lei da sapere che Dio l’aveva sollevata dalle responsabilità familiari per dedicarsi al servizio del popolo.
I suoi anni non erano inutili. No, il fatto che fosse anziana e sola non significava che Anna non avesse scopo nella vita che i suoi anni fossero inutili.
Per lei si era realizzato ciò che annuncia il Salmo 92, 13-16: “Il giusto fiorirà come la palma, crescerà come il cedro del Libano. Quelli che sono piantati nella casa del Signore fioriranno nei cortili del nostro Dio. Porteranno ancora frutto nella vecchiaia e saranno prosperi e verdeggianti, per proclamare che il Signore è giusto; egli è la mia Rocca e non vi è alcuna ingiustizia in lui.”.
Questa è la donna, dunque, che vide nel tempio, un giorno quattro persone: una giovane donna, suo marito, ed un vecchio di Gerusalemme, con un neonato fra le braccia del vecchio. Lo Spirito di Cristo in lei la rende cosciente che il bambino fra le braccia di quel vecchio laggiù era l’adempimento di tutte le sue aspettative e l’adempimento fedele delle aspettative di tutti i profeti prima di lei.
Non è stupefacente? Le preghiere sono esaudite? Si, il Dio che è fedele risponde all’impegno fedele dei Suoi figli (cfr. 2Tm 2,11-13; 1Cor 1,8-9).
Quel bambino, come aveva detto Simeone, sarebbe stato “luce per illuminare le genti” (v. 32) inclusi quei figli di Aser che erano scomparsi nel vortice delle nazioni. Era giunta la redenzione. Il compito di Anna, però, non è cessato. La vediamo che si volta e se ne va.
Nella Scrittura non c’è di lei una sola parola. Ringrazia Dio e se ne va (cfr. Lc 17,11-19) Dove se ne va? A sprecare il suo tempo ora che la salvezza da parte del Signore è vicina? No, niente affatto. Luca ci dice che “parlava di quel bambino a tutti coloro che aspettavano la redenzione in Gerusalemme” (v. 38; cfr. Sal 22,31).
Ora che le sue preghiere di Anna sono state esaudite, Ella continua ad operare e a dire a tutti ciò che è avvenuto e avverrà. Il suo compito non è finito. Anna, nello stile e nella linea di Dio si fa proclamatrice del Vangelo (cfr. At 22, 14-17.21).
Dio non si priva di chi Lo annuncia fedelmente, anche quando un’intera classe politica e religiosa è corrotta. Il messaggio di Anna su quel bambino è testimonianza vivente della fedeltà di Dio alle Sue promesse, attraverso la fedeltà dei minimi fra il Suo popolo che vive nelle tenebre.
Questa donna è s,e in quanto tale, il messaggio acquista maggiore rilevanza.
Anna non ha paura di distinguersi dalla sua stessa gente, perché sa che certi valori non solo sono vincenti e paganti, ma che la coerenza è più importante della malintesa solidarietà con la sua stessa gente. Ella si impegna in una vita di servizio intercedendo in favore del suo popolo e delle sue miserie. In lei dimora lo spirito di Cristo e non cessa di parlarne, e sa che gli anni che Dio le concede (anche a noi) non sono mai inutili.

Interrogarsi
1. Cosa intendo per fedeltà? È per me importante?
2. Come vivo la mia fedeltà a Dio?
3. Per me la fedeltà è importante, oppure mi unisco anch’io al moderno coro che considera stupido chi è fedele e persevera?
4. Sono capace di ringraziare Dio in ogni istante della mia vita?
5. Come sull’esempio di Anna, annuncio la Luce di Dio? (leggi anche Mt 5,13-16)

Pregare
“Ecco ciò che voglio richiamare alla mente, e per questo voglio riprendere speranza. Le misericordie del Signore non sono finite, le sue compassioni infatti non sono esaurite; si rinnovano ogni mattina. Grande è la tua fedeltà! «Il Signore è la mia parte», io dico, «perciò spero in lui».
Il Signore è buono con quelli che sperano in lui, con l’anima che lo cerca” (Lam 3,21-25).

Agire
Fermati a riflettere su questa Parola: “Magnificate il nostro Dio! Egli è la roccia, l'opera sua è perfetta, poiché tutte le sue vie sono giustizia. È un Dio fedele e senza iniquità. Egli è giusto e retto” (Dt 32,3-4) e vivila nella tua vita.